In accogliento della richiesta formalizzata dall’avvocato Iacobacci per una propria assistita, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione per sopravvenuta carenza di interesse derivante da causa non imputabile al ricorrente comporta che quest’ultimo non possa essere condannato né al pagamento delle spese processuali, né al versamento di una somma in favore della Cassa per le ammende, in quanto il sopraggiunto venir meno del suo interesse alla decisione non configura un’ipotesi di soccombenza.
Secondo la Cassazione Penale Sent. Sez. 1 Num. 15908 Anno 2024:
“1. Il ricorso è inammissibile per rinuncia, avendo la ricorrente validamente
formalizzato la rinuncia con atto sottoscritto dal difensore, procuratore speciale (Sez. U, n. 12603 del 24/11/2015 – dep. 25/03/2016, Celso, Rv. 266244).
2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione per sopravvenuta carenza di interesse non consegue né la condanna al pagamento delle spese processuali né della sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende.
3. Questo Collegio, pur consapevole di un contrario orientamento (espresso da Sez. 5, n. 39521 del 4/7/2018, Haeres Equita Sri, Rv. 273882; Sez. 5, n. 23636 del 21/3/2018, Horvat, Rv. 273325), ritiene di dover aderire al difforme e maggioritario indirizzo interpretativo, secondo il quale l’inammissibilità del ricorso per cassazione per sopravvenuta carenza di interesse derivante da causa non imputabile al ricorrente comporta che quest’ultimo non possa essere condannato né al pagamento delle spese processuali, né al versamento di una somma in favore della Cassa per le ammende, in quanto il sopraggiunto venir meno del suo interesse alla decisione non configura un’ipotesi di soccombenza (Sez. 3, n.
29593 del 26/5/2021, Lombardi, Rv. 281785; Sez. 1, n. 11302 del 19/09/2017,
dep. 2018, Rezmives, Rv. 272308; Sez. 6, n. 19209 del 31/1/2013,
Scaricaciottoli, Rv. 256225; Sez. 6, n. 22747 del 6/3/2003, Caterino, Rv.
226009; Sez. 1, n. 1695 del 19/3/1998, Papajani, Rv. 210561).
Tale conclusione risulta riconducibile a quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, Marinaj, Rv. 251694), secondo le quali la nozione della “carenza d’interesse sopraggiunta” va individuata nella valutazione negativa della persistenza, al momento della decisione, di un interesse all’impugnazione, la cui attualità è venuta meno a causa della mutata situazione dì fatto o di diritto intervenuta medio tempore, assorbendo la finalità perseguita dall’impugnante, o perché la stessa abbia già trovato concreta attuazione, ovvero in quanto abbia perso ogni rilevanza per il superamento del punto controverso. Per tale ragione, si è affermato che «alla declaratoria d’inammissibilità non segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della sanzione pecuniaria, considerato che il venir meno dell’interesse alla decisione del ricorso è sopraggiunto alla sua proposizione, è ricollegabile unicamente a fattori connessi all’evoluzione dinamica della procedura di estradizione e non configura, per così dire, un’ipotesi di soccombenza del ricorrente (Sez. U, n. 20 del 09/10/1996, Vitale)».
4. A tale affermazione consegue che in simili ipotesi, tra le quali rientra quella in esame, l’inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse non comporta alcuna conseguenza sfavorevole al ricorrente ex art. 616 cod. proc. pen.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.”
Così Cassazione Penale Sent. Sez. 1 Num. 15908 Anno 2024