benefici fiscali della “prima casa”,

Al fine di evitare la decadenza dai benefici fiscali, tradizionalmente denominati della “prima casa”, e l’applicazione della soprattassa, nell’ipotesi di trasferimento dell’immobile prima del decorso del termine di cinque anni dalla data dell’acquisto, la nota II bis dell’art. 1 della parte prima della tariffa allegata al testo unico dell’imposta di registro del 1986, nel testo introdotto con l’art. 3, comma 131, della legge n.549/1995, prescrive al comma 4, ultimo periodo che il contribuente, entro un anno dal trasferimento “dell’immobile acquistato con i benefici, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale”. L’acquisto non dell’intero, ma di una quota dell’immobile, può beninteso integrare il requisito detto, ma solo qualora sia significativa, di per sé, della concreta possibilità di disporre del bene sì da poterlo adibire a propria abitazione. Ciascun partecipante alla comunione, infatti, come stabilisce l’art. 1102 cod. civ., può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. L’ acquisto di una quota particolarmente esigua di un immobile non può perciò comportare da solo il potere di disporre del bene come abitazione propria; esso è, cioè inidoneo a realizzare l’adibizione ad abitazione che è la finalità perseguita dal legislatore con il riconoscimento dell’aliquota dell’imposta ridotta sugli atti d’acquisto, e non vale, pertanto a realizzare la condizione dello “acquisto di altro immobile”, di cui al comma 4 della nota II dell’art. 1 della tariffa citata (sull’idoneità della titolarità di una quota di immobile ai fini dell’integrazione dello “speculare” requisito dell’impossidenza, cfr, Cass. n. 9647 dei 1999 e n. 10984 del 2007).

Cassazione, sez. trib., 17 giugno 2011, n. 13291.

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