articolo 517 c.p.p. e abbreviato

è illegittimo l’articolo 517 c.p.p. nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato concorrente emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione

C.Cost., 26 ottobre 2012, n. 237

è tutelata dal diritto di autore anche un’opera non ancora pubblicata

…Il diritto di autore nel nostro sistema fonda anzitutto sul principio di cui all’art. 2575 c.c., secondo il quale formano oggetto del diritto di autore “le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative………, qualunque ne sia il modo o forma di espressione”.

Come è stato osservato da autorevole dottrina, divenuta comune presupposto dei ragionamenti sulla protezione di cui si tratta, oggetto del diritto di autore è la creazione letteraria ed artistica quale bene immateriale, indipendentemente dal fatto che essa costituisca una “sorgente di utilità”. Essa, è considerata dunque quale manifestazione del pensiero dell’autore ovvero è stato scritto “messaggio personale di questo agli altri uomini”. Detta realtà pregiuridica ha condotto la legge al riconoscimento di interessi personali dell’autore, degni di tutela, in relazione all’opera stessa ed alla sua circolazione.

E’ insegnamento altrettanto autorevole, antico e consolidato, secondo il quale tale norma del codice civile ha superato l’atteggiamento prudente della legge speciale chiarendo per l’appunto che l’opera è tutelata, e dunque sussiste, “qualunque ne sia il modo o forma di espressione”. Dunque se è vero che l’edizione di un’opera letteraria toglie ogni dubbio circa la sua esistenza e la sua tutelabilità, ciò non esclude affatto, come ritiene il ricorrente, che opera, ovvero compiuta espressione del suo autore vi possa essere anche prima della edizione. Posto che nell’inedito sussistano i requisiti della concretezza di espressione, e dunque una forma come tale riconoscibile è riconducibile al soggetto autore(Cass. Nn. 15.496 del 2004, 24594 del 2005, 25173 del 2011, citate anche ma non sempre ben intese dalla difesa del ricorrente).

E’ opportuno precisare che l’opera inedita, in conclusione, può essere opera nel senso che in questa sede rileva. Essa non è, per questo, opera incompleta, per quanto, è il caso di chiarire per completezza di ragionamento, anche nell’opera incompleta, ovvero nell’opera che non è giunta al compimento immaginato dall’autore, possono ravvisarsi tanto la creatività quanto la soggettività, nel senso del carattere soggettivamente creativo che l’autore le ha impresso.

La norma dell’art. 185,dunque, laddove afferma che la legge in questione sì applica a tutte le opere di autori italiani e stranieri,” dovunque pubblicate per la prima volta in Italia”, è norma di organizzazione delle tutele del diritto di autore nello spazio. Essa, in definitiva, promette la propria protezione a tutte le opere pubblicate in Italia ancorchè esse possono essere pubblicate anche in altri paesi regolati da norme diverse. Non esclude affatto, con ciò, di tutelare un’opera non ancora pubblicata, ovvero inedita, purchè essa sia per l’appunto come nel caso di specie rileva, dotata del carattere di appartenenza alla letteratura.

Dunque non trovano protezione nell’ambito della legge di cui si tratta, solo quelle idee, e quegli elementi iniziali ovvero embrionali di intuizione e di immaginazione, necessitanti ancora della elaborazione tipicamente autoriale e della integrazione con ulteriori elementi per dare luogo ad opere, per l’appunto compiute in quanti realizzatrici del progetto creativo….

Cass.civ., Sez.I, 19 ottobre 2012 n. 18037

non è mai rimovibile l’ascensore che serve gli-anziani ed i disabili del palazzo

Cass.Civ., sez. II, sent. n. 18334/2012:

vigente il dovere di “rimuovere preventivamente ogni possibile ostacolo all’applicazione dei diritti fondamentali delle persone affette da handicap fisici” … “sono state introdotte disposizioni generali per la costruzione degli edifici privati e per la ristrutturazione di quelli preesistenti, intese all’eliminazione delle barriere architettoniche, indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte delle persone disabili“… visto che “la socializzazione deve essere considerata un elemento essenziale per la salute” degli anziani e dei disabili tanto da poter “assumere una funzione sostanzialmente terapeutica assimilabile alle stesse pratiche di cura o riabilitazione“.

norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro

la Corte di Appello ha correttamente considerato che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della possibile negligenza con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni; e che la responsabilità del datore di lavoro può essere esclusa solo in presenza di un comportamento del lavoratore del tutto imprevedibile, tale da presentare i caratteri della eccezionalità rispetto al procedimento lavorativo.
Invero, le considerazioni svolte dalla Corte territoriale si collocano nell’alveo dell’orientamento espresso ripetutamente da questa Suprema Corte di Cassazione, In riferimento alla valenza esimente da assegnare alla condotta colposa posta in essere dal lavoratore, rispetto al soggetto che versa in posizione di garanzia. Si è, infatti, chiarito che, nel campo della sicurezza del lavoro, gli obblighi di vigilanza che gravano sull’imprenditore risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; e che può escludersi l’esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l’abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all’evento. Nella materia che occupa deve, cioè, considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che l’eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l’obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica (cfr. Cass. Sez. 4, sentenza n. 8676, del 14.06.1996, dep. 24.09.1996, Rv. 206012; Cass., Sez. 4, sentenza n. 3580 del 14.12.1999, dep. 20.03.2000, Rv. 215686; Cass. Sez. 4, sentenza n. 12115 del 3.06.1999, dep. 22.10.1999, Rv. 214999). La Suprema Corte ha pure osservato che non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il comportamento del lavoratore – come certamente è avvenuto nel caso di specie – che abbia compiuto un’operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, Rv. 236109)…

illegittimo accertamento fondato solo su studi di settore

La questione di merito posta con il ricorso, sembra possa definirsi, richiamando, anzitutto, quanto affermato dalla Corte Costituzionale (Sent. n. 105/2003), la quale, dando una lettura costituzionalmente orientata del quadro normativo in tema di parametri, ha avuto modo di chiarire sia che “a differenza dei coefficienti presuntivi, i parametri prevedono un sistema basato su presunzioni semplici, la cui idoneità probatoria è rimessa alla valutazione del giudice di merito, in assenza di previsioni procedimentalizzate”, sia pure che – dovendo i parametri essere elaborati “in base alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta” (così l’art. 184 citato) -, è necessario “un fattore di adeguamento personalizzato in modo da tenere conto della probabilità di errore nella stima, considerando le diverse situazioni gestionali e l’influenza della localizzazione per la parte non colta dalla stima“. Il quesito trova, altresì, risposta nelle pronunce, rese da questa Corte in assonanza con la Consulta, nelle quali, in tema di accertamento effettuato sulla base dei parametri di cui alla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 184 e 186, è stato affermato che il solo rilievo dell’applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella mediamente riscontrata nel settore di appartenenza – posto che le medie di settore non costituiscono un fatto noto, storicamente provato, dal quale argomentare, con giudizio critico, quello ignoto da provare, ma soltanto il risultato di una estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei – non configura gli estremi di una prova per presunzioni, ma occorre, invece, che risulti qualche elemento ulteriore – tra cui, ad esempio, l’abnormità e l’irragionevolezza della difformità tra la percentuale di ricarico applicata dal contribuente e la media di settore – incidente sull’attendibilità complessiva della dichiarazione, ovverosia la concreta ricorrenza di circostanze gravi, precise e concordanti, e senza peraltro che il richiamo a tale regola di esperienza comporti un’inversione dell’onere della prova, addossando al contribuente l’onere di dimostrare le ragioni specifiche della divergenza dei propri dati da quelli medi (Cass. n. 19556/2007, n. 10960/2007, n. 14252/2007, n. 26388/2005, n. 18038/2005). Alla stregua di tale orientamento giurisprudenziale, che ha trovato riscontro in Cass. n. 23602, 26459 e 27648 del 2008 e n. 4148/2009, nonchè in SS.UU. n. 26635/2009, sembra doversi ritenere viziato da illegittimità l’avviso di accertamento il quale tragga origine dal mero scostamento dei dati reali dichiarati dal contribuente rispetto a quelli relativi alla media del settore senza che l’Amministrazione finanziaria, sulla quale grava il relativo onere, suffraghi la pretesa fiscale con ulteriori elementi ed indizi tali da supportare l’inattendibilità dei dati riscontrati, rispetto all’ausilio statistico, e senza che la medesima amministrazione abbia argomentato in ordine alle giustificazioni prospettate dal contribuente.

la revoca della sentenza di condanna in caso di mutamento giurisprudenziale

Il giudice remittente dubitava della legittimità costituzionale della disposizione di cui all’articolo 673 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la revoca della sentenza di condanna in caso di mutamento giurisprudenziale intervenuto con decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la quale abbia stabilito che il fatto per il quale è intervenuta sentenza di condanna irrevocabile non è previsto dalla legge come reato.

La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 673 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 13, 25, secondo comma, 27, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Torino.

dolo eventuale e HIV

Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-04-2012) 03-10-2012, n. 38388

…La giurisprudenza specifica che sussiste l’elemento psicologico del dolo eventuale quando l’agente, pur non avendo di mira il fatto a rischio, ne abbia accettato – nella proiezione della propria azione verso la realizzazione di un fatto primario – la concreta possibilità del suo verificarsi, in un necessario rapporto eziologico con l’azione medesima. L’autore non respinge quindi il rischio, e non adegua la propria condotta in maniera coerente e funzionale a manifestare una controvolontà verso l’evento diverso, rispetto a quello primariamente voluto (sez. 4, n. 28231 del 24.6.09, rv 244693; sez. 5, n. 44712 del 17.9.08, rv 242610, sez. 1, n. 832 dell’8.11.1995; sez. 4 n. 11024 del 10.10.1996, rv 207333; sez. 5, n. 18568 del 21.1.2011).

Si deve quindi concludere che A., pur essendo in grado di rappresentarsi la concreta possibilità che la sua azione reticente e depistante potesse causare un evento diverso da quello per cui materialmente agiva (continuare indisturbato il menage familiare, lasciando in clandestinità il contagio di HIV alla moglie e ostacolando tempestivi interventi terapeutici), non ha escluso la possibilità di cagionare l’evento a rischio (l’aggravamento irreversibile della già cagionata lesione della salute della moglie): gli è mancata quindi la controvolontà verso l’evento altro, con accettazione del rischio e quindi con la volizione dell’evento medesimo. E’ quindi del tutto errata la motivazione della decisione della corte di appello di assoluzione dell’ A. per mancanza dell’elemento psicologico del dolo eventuale, in quanto la motivazione è impostata sulla ricostruzione e sulla valutazione della iniziale frazione della condotta dell’ A. e sulla correlata omissione di ricostruzione e valutazione della parte maggiormente significativa di tale condotta, costituente ineludibile chiave di lettura di tutta la vicenda in esame…

telefoni cordless e cellulari all’orecchio e neurinoma del Ganglio di Gasser

Cassazione civile , sez. lavoro, sentenza 12 ottobre 2012 n° 17438

In caso di malattia professionale non tabellata la prova della causa di lavoro deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, ammettendo la possibilità dell’origine professionale della malattia insorta quando si ravvisi, nel caso concreto, un rilevante grado di probabilità.

Il lavoratore aveva agito in giudizio deducendo che, in conseguenza dell’uso lavorativo protratto, per dodici anni e per 5-6 ore al giorno, di telefoni cordless e cellulari all’orecchio sinistro, aveva contratto una grave patologia tumorale; le prove acquisite e le indagini medico legali avevano permesso di accertare, nel corso del giudizio, la sussistenza dei presupposti fattuali dedotti, in ordine sia all’uso nei termini indicati dei telefoni nel corso dell’attività lavorativa, sia all’effettiva insorgenza di un “neurinoma del Ganglio di Gasser” (tumore che colpisce i nervi cranici, in particolare il nervo acustico e, più raramente, come nel caso di specie, il nervo cranico trigemino).

il cartello che reca i titoli edilizi necessari ai lavori

cass.pen., sez. III, sent.n. 40118/2012 sancisce la grande importanza ha il cartello che reca i titoli edilizi necessari ai lavori:
se le indicazioni non risultano adeguatamente visibili all’esterno dell’area del cantiere si configura un illecito penale a carico del titolare del permesso di costruire, dell’appaltatore e del direttore dei lavori. L’indicazione degli estremi della Dia (ad esempio) e dei nomi dei responsabili dell’attività edilizia hanno finalità di sicurezza oltre che di pubblicità.

reati fallimentari e concorso di commercialisti e avvocati

in tema di reati fallimentari, i consulenti commercialisti o esercenti la professione legale concorrono nei fatti di bancarotta quando, consapevoli del proposito distruttivo dell’imprenditore o degli amministratori della società, forniscano consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assistano nella conclusione dei relativi negozi ovvero ancora svolgano attività dirette a garantire l’impunità o a favorire o rafforzare, con il proprio ausilio o con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui proposito criminoso
cass.pen., sez. V, sent. n. 39988 del 9 ottobre 2012

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