responsabilità disciplinare del Magistrato

in tema di responsabilità disciplinare del Magistrato che ometta o ritardi di depositare la motivazione dei provvedimenti giudiziali si è sostento che:
… il ritardo grave e/o reiterato integri ex se la fattispecie incriminatrice, attesa la innegabile tipizzazione dei comportamenti illeciti operata dal D.lgs. del 2006 (Cass. ss. uu. 14697/2010), così che l’addebito mosso all’incolpato – illecito di pura condotta – postula, per la sterilizzazione della sua antigiuridicità, non già la prova, da parte dell’accusa, della violazione dell’obbligo di diligenza, bensì la speculare allegazione, da parte dell’incolpato, di circostanze oggettivamente idonee a dimostrare la specifica giustificabilità dell’altrettanto specifico ritardo che, ove caratterizzato (come nella specie) dal superamento di ogni limite di ragionevolezza, si sostanzia in una vera e propria ipotesi di denegata giustizia – onde la condotta del magistrato risulta irredimibilmente destinata ad integrare gli estremi dell’illecito contestato (Cass. ss. uu. 10176/2011; 699/2010, 27290/09, 26825/09) ledendo altrettanto irredimibilmente il diritto delle parti (o quantomeno di una di esse) alla durata ragionevole del processo (assorbita ex se, pressoché per intero, da ritardi del tipo di quelli contestati), diritto sempre più intensamente tutelato da norme tanto costituzionali quanto sovranazionali…

Cass.civ., Sez. Un., 17 gennaio 2012, n. 528

misure diverse dalla custodia carceraria anche agli indagati sottoposti a misura cautelare per il reato previsto all’art. 609-octies c.p.

Cass. pen., sez. III, 1 febbraio 2012, n. 4377 :

Nel corso della motivazione della sentenza n.265 del 2010 la Corte costituzionale ha ricostruito la filosofia che anima la disciplina delle misure cautelari personali affermando (paragrafo 4) che quel regime è improntato al criterio del “minore sacrificio necessario”, assicurato mediante la previsione di una “pluralità graduata” di misure e mediante l’applicazione nel caso concreto di meccanismi “individualizzati” di selezione del trattamento cautelare. Ha, poi, rilevato (paragrafo 7) che una simile filosofia non tollera né automatismi né presunzioni e prevede che sia il giudice ad apprezzare e motivare i presupposti e le condizioni per l’applicazione della singola misura in relazione alla situazione concreta. Ha, conseguentemente, considerato (paragrafo 7) che la disciplina introdotta con il citato decreto legge n. 11 del 2009, e successiva legge di conversione, si pone come un “vero e proprio regime cautelare speciale di natura eccezionale” dal momento che introduce due presunzioni, una relativa in ordine alle esigenze cautelari e una assoluta in ordine alla scelta della misura, che impedisce al giudice di adottare misure meno gravose della custodia in carcere. La motivazione prosegue affrontando (ancora nel paragrafo 7) le ragioni per cui la Consulta e la Corte di Strasburgo hanno ritenuto che per i delitti legati alla criminalità organizzata e mafiosa tale eccezionale regime sia compatibile coi principi costituzionali in relazione alla speciale gravità e pericolosità degli illeciti, per giungere alla conclusione (paragrafi 9 e 10) che la novella del 2009 compie un “salto di qualità” non compatibile col sistema costituzionale allorché estende la presunzione assoluta circa la misura da applicare anche a reati, come quelli sessuali, che non si prestano a generalizzazioni, che risultano ampiamente eterogenei tra loro, che non presentano nella norma legami qualificati tra l’indagato e un ambiente delinquenziale pericoloso. Osserva, ancora, la Corte costituzionale (paragrafi 10 e 11) che la irragionevolezza della soluzione normativa può essere agevolmente apprezzata ove si considerino la circostanza che i reati di violenza sessuale comprendano “condotte nettamente differenti quanto a modalità lesive del bene protetto” e la circostanza che solitamente si tratta di delitti meramente individuali che possono essere affrontati in concreto anche con misure diverse dalla custodia in carcere. Infine, la ragionevolezza del regime introdotto nel 2009 non può essere fondata sull’esigenze di risposta all’allarme sociale per il moltiplicarsi di delitti a sfondo sessuale, esigenza che “non può essere peraltro annoverata tra le finalità della custodia preventiva e non può essere considerata una sua funzione”.
Sulla base di tali e altre considerazioni, la sentenza giunge ad affermare l’esistenza del contrasto tra la disciplina cautelare citata e gli artt. 3, 13, primo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione.
Così riassunti i principi interpretativi che la Corte costituzionale ha fissato con riferimento ai reati ex art.609-bis e 609-quater c.p., questo giudice ritiene evidente che si è in presenza di principi “in toto” applicabili anche alla ipotesi di reato ex art.609-octies c.p., reato che presenta caratteristiche essenziali non difformi da quelle che la Corte costituzionale ha individuato per i reati sessuali (art.609-bis e art.609-quater c.p.) sottoposti al suo giudizio in relazione alla disciplina ex art.275, terzo comma, c.p.p.
Deve, dunque, concludersi che nel caso in esame l’unica interpretazione compatibile coi principi fissati dalla sentenza n.265 del 2010, citata, è quella che estende la possibilità per il giudice di applicare misure diverse dalla custodia carceraria anche agli indagati sottoposti a misura cautelare per il reato previsto all’art. 609-octies c.p.

reato di cui all’art. 572 c.p

la caratteristica fondamentale del reato di cui all’art. 572 c.p. … è quella di reprimere non la generica discriminazione contro il lavoratore dipendente, né tantomeno la sistematica violazione dei doveri contrattuali di rispetto della sua integrità fisica e morale, ma lo stravolgimento di un peculiare rapporto personale fra “superiore” e un subordinato, in un ambito che per dimensioni e rapporti di quotidianità può essere assimilato ad una famiglia.. perciò  …il bene giuridico tutelato dall’art. 572 c.p. … è ben più corposo e delicato della sola, anche se grave, violazione dei doveri contrattuali verso il dipendente e per questo motivo non può essere ravvisato nelle aziende di grandi dimensioni in cui il lavoratore presta, sostanzialmente, solo il suo tempo e le sue capacità intellettuali e fisiche ad un soggetto impersonale, ad una organizzazione complessa e articolata

GUP Milano, 30 settembre 2011, Giud. Manzi, imp. S

post 2011

prefabbricato in legno senza l’acquisizione del permesso edilizio

Incorrono nell’imputazione per il reato p. e p. dall’art. 44, lett. b) del T.U. sull’edilizia, i prevenuti che realizzino, in concorso tra loro, un prefabbricato in legno senza l’acquisizione del permesso edilizio e, trattandosi di zona sismica, senza aver preventivamente denunciato l’inizio dei lavori alle competenti autorità e senza aver prima ottenuto la prescritta autorizzazione da parte dell’UTC.
corte di Appello di Palermo, Sez. IV penale, 25 luglio 2011

post 2011

demolizione di un manufatto

la semplice demolizione di un manufatto non integra il reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 1, lett. b), in quanto per tale tipo di intervento è sufficiente la denuncia di inizio attività, la cui mancanza costituisce illecito amministrativo

cass.pen., III, 17/6/11, 24423

post 2011

responsabilità penale ex art. 40 comma 2 c.p.

per rendere compatibile la responsabilità penale ex art. 40 comma 2 c.p. con i principi costituzionali, necessità che il garante, oltre alla conoscenza delle situazioni di pericolo, sappia quale sia l’azione doverosa che gli compete e quali siano i mezzi per raggiungere il fine. Ora, nel caso concreto, nessuna emergenza giustifica la conclusione che la donna avesse un deficit intellettivo e non fosse in grado di capire quale fosse la semplice iniziativa che doveva prendere cioè, denunciare il marito o, comunque, allontanarlo dalle figlie. L’imputata – come segnalato dai giudici di merito – era a contatto con gli assistenti sociali che si recavano presso la sua abitazione; pertanto, non è comprensibile la ragione per la quale non si sia confidata con loro per farsi consigliare sui mezzi per fronteggiare la situazione

Cass. pen., sez. III, 6/7/2011 dep. 12/10/2011, n. 1576

post 2011

provvedimento di sgombero della costruzione

In materia di reati edilizi, seppure la esecuzione del giudicato penale riguardante la demolizione dell’opera edilizia abusiva rientra nelle competenza del Giudice penale dell’esecuzione, il provvedimento di sgombero della costruzione deve ritenersi legittimamente adottato dal Comune nelle ipotesi in cui trovi fondamento non solo sul predetto giudicato penale, ma anche su di un precedente provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale e sulla deliberazione recante l’approvazione della proposta di destinazione dell’immobile ad usi pubblici.
T.A.R. Campania Napoli Sez. II, 23/09/2011, n. 4477

post 2011

sequestro per equivalente a società

il reato è addebitabile all’indagato, ma le conseguenze patrimoniali ricadono sulla società a favore della quale la persona fisica ha agito salvo che si dimostri che vi è stata una rottura del rapporto organico; questo principio, pacificamente accolto dalla giurisprudenza di legittimità, non richiede che l’ente sia responsabile a sensi d.lgs. n. 231/2001 … la società ricorrente non può considerarsi terza estranea al reato perché partecipa alla utilizzazione degli incrementi economici che ne sono derivati; dal momento che il profitto non si può collegare, per la tipologia dell’illecito (ndr: occultamento e distrazione di documenti contabili), ad un bene individuabile, il sequestro non poteva che essere disposto per equivalente

cfr. Cass. pen., sez. III, 7 giugno 2011,  n. 28731

post 2011

calunnia e deputato europeo

Corte di giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, Patriciello, sent. 6 settembre 2011 (causa C-163/10):

l’art. 8 del Protocollo deve essere interpretato nel senso che una dichiarazione effettuata da un deputato europeo al di fuori del Parlamento europeo, la quale abbia dato luogo ad azioni penali nello Stato membro di origine dell’interessato per il reato di calunnia, costituisce un’opinione espressa nell’esercizio delle funzioni parlamentari beneficiante dell’immunità prevista dalla citata disposizione soltanto nel caso in cui essa corrisponda ad una valutazione soggettiva presentante un nesso diretto ed evidente con l’esercizio di funzioni siffatte. Spetta al giudice del rinvio stabilire se tali presupposti risultino soddisfatti nella causa principale

post 2011

non concorrono nel reato di riciclaggio (art. 648 bis c.p.) i soggetti che hanno trasferito denaro avendo solo sospetti dell’illecita provenienza

non concorrono nel reato di riciclaggio (art. 648 bis c.p.) i soggetti che hanno trasferito denaro avendo solo sospetti dell’illecita provenienza di esso da una truffa informatica avvenuta attraverso il c.d. phishing; sostiene la Corte – Cass. pen. Sez. II, 1 luglio 2011, n. 25960 – che perchè possa ravvisarsi il dolo eventuale si richiede più di un semplice motivo di sospetto, rispetto al quale l’agente potrebbe avere un atteggiamento psicologico di disattenzione, di noncuranza o di mero disinteresse; è necessaria una situazione fattuale di significato inequivoco, che impone all’agente una scelta consapevole tra l’agire, accettando l’eventualità di commettere una ricettazione, e il non agire, perciò, richiamando un criterio elaborato in dottrina per descrivere il dolo eventuale, può ragionevolmente concludersi che questo rispetto alla ricettazione è ravvisabile quando l’agente, rappresentandosi l’eventualità della provenienza delittuosa della cosa, non avrebbe agito diversamente anche se di tale provenienza avesse avuta la certezza … Per integrare l’elemento soggettivo nel delitto di riciclaggio è sufficiente il dolo generico, ma è necessaria la consapevolezza concreta della provenienza della cosa da delitto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 546 del 07/01/2011 Ud. (dep. 11/01/2011) Rv. 249445). Nel caso di specie difetta del tutto la consapevolezza concreta della provenienza da delitto del denaro transitato sul c/c degli imputati…

post 2011

Chiama lo Studio!