Quando è possibile fare ricorso alla CEDU e cosa può fare la CEDU quando accerta la violazione dei diritti umani?

Quando è possibile fare ricorso alla CEDU e cosa può fare la CEDU quando accerta la violazione dei diritti umani?

di De Stefano & Iacobacci Avvocati

Quando è possibile fare ricorso alla CEDU?

È possibile fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) quando si ritiene di aver subito una violazione di uno dei diritti umani previsti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) e dai suoi protocolli aggiuntivi.

I diritti umani protetti dalla CEDU includono il diritto alla vita, all’integrità personale, alla libertà e alla sicurezza, al rispetto della vita privata e familiare, al processo equo, alla libertà di espressione, alla libertà di religione, all’istruzione e alla libertà di riunione.

Per poter presentare ricorso alla CEDU, è necessario che il ricorrente abbia esaurito tutte le vie di ricorso interne, ovvero che abbia presentato ricorso a tutte le corti nazionali competenti e che queste abbiano rigettato il suo ricorso.

Inoltre, il ricorso deve essere presentato entro quattro mesi dalla data della sentenza definitiva a livello nazionale.

Se il ricorso è ritenuto ammissibile dalla Corte, questa procederà all’esame del caso e potrà decidere di dichiarare una violazione della CEDU. In tal caso, la Corte può condannare lo Stato convenuto a pagare un’indennizzo al ricorrente.

In Italia, il ricorso alla CEDU può essere presentato personalmente dal ricorrente o da un suo avvocato. Il formulario di ricorso è disponibile sul sito web della Corte.

È importante ricordare che la CEDU non è un’autorità giudiziaria ordinaria, ma un organo giurisdizionale internazionale che ha il compito di garantire il rispetto dei diritti umani da parte degli Stati contraenti la Convenzione.

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De Stefano & Iacobacci Avvocati: La Massima Esperienza nella Redazione dei Ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in Italia!

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Penalista esperto in questioni penali dopo il passaggio in giudicato della sentenza

L’avvocato Danilo Iacobacci, penalista del foro di Avellino ma operante in tutta Italia, si occupa delle questioni penali anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, è infatti particolarmente esperto di casi, nei quali ha riportato buoni risultanti, in materia di:

Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto, a favore del condannato in sede penale al fine di ottenere dalla Cassazione la correzione dell’errore materiale o di fatto contenuto nei provvedimenti pronunciati dalla medesima Corte di Cassazione;

Rescissione del giudicato attraverso la quale si rimuove una condanna penale nei confronti di un condannato in assenza (per tutta la durata del processo) e la cui assenza stessa sia stata incolpevole, nel senso della mancata conoscenza della celebrazione del processo;

Revisione del giudicato attraverso la quale si rimuove una condanna penale perché i fatti stabiliti a fondamento della stessa non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un altro provvedimento giudiziale passato in giudicato; o perché dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto; o perché la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato;

Riparazione dell’errore giudiziario per chi è stato prosciolto in sede di revisione, onde ottenere una riparazione mediante una somma di denaro;

Questioni sul titolo esecutivo al fine di far accertare che il provvedimento manca o non è divenuto esecutivo, o per l’applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato, o perché ricorrente uno dei casi di revoca della sentenza, e più in genere ogni altro tipo di Incidente di Esecuzione;

Magistratura di sorveglianza tutti procedimenti innanzi al Magistrato di Sorveglianza ed al Tribunale di Sorveglianza e sino alla Corte di Cassazione;

Ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

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    Se la sentenza è annullata per vizi inerenti la prova, la Corte di Appello deve rinnovare il dibattimento

    Le Sezioni Unite della Cassazione sono state chiamate a decidere la questione inerente il se, nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, il giudice di appello debba disporre la rinnovazione della istruzione dibattimentale.

    Le SS. UU. sul punto hanno chiarito che Il giudice di appello, qualora ritenga di riformare nel senso dell’affermazione di responsabilità dell’imputato la sentenza di proscioglimento di primo grado, sulla base di una diversa valutazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva dal primo giudice, deve disporre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei soggetti che hanno reso le relative dichiarazioni; e ciò in ragione di una interpretazione convenzionalmente orientata (ex art. 6, par. 3, lett. d, CEDU) dell’art. 603 cod. proc. pen. La sentenza del giudice di appello che, in riforma di quella di proscioglimento di primo grado, affermi la responsabilità dell’imputato sulla base di una diversa valutazione della prova dichiarativa, ritenuta decisiva, senza avere proceduto alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, è affetta da vizio di motivazione deducibile dal ricorrente a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in quanto la condanna contrasta, in tal caso, con la regola di giudizio “al di là di ogni ragionevole dubbio” di cui all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen. Gli stessi principi trovano applicazione nel caso di riforma della sentenza di proscioglimento di primo grado sull’appello promosso dalla parte civile.

    Così Cass., Sez. Un., udienza del 28 aprile 2016.

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