il diritto all’oblio nei motori di ricerca sussiste solo per notizie risalenti e non più interessanti per la collettività

Il diritto all’oblio nei motori di ricerca sussiste solo per notizie risalenti e non più interessanti per la collettività, sembra questa la sintesi corretta di una recente sentenza di merito civile.

Ed infatti, se per un verso sussiste l’obbligo, per un motore di ricerca (nel caso di specie, Google), di rimuovere dai propri risultati (cd. “deindicizzazione”) i link a quei siti che siano ritenuti dagli interessati lesivi del loro “diritto all’oblio” (o “right to be forgotten”), in relazione alla pretesa a ottenere la cancellazione dei contenuti delle pagine web che, secondo l’interessato, offrono una rappresentazione non più attuale della propria persona; epperò, il trascorrere del tempo, ai fini della configurazione del diritto all’oblio, si configura quale elemento costitutivo, come risultante anche dalla condivisibile sentenza n. 5525/2012 della Suprema Corte, nella quale questo viene configurato quale diritto a che non vengano ulteriormente divulgate notizie che per il trascorrere del tempo risultino oramai dimenticate o ignote alla generalità dei consociati.

Il testo integrale di Tribunale civile di Roma, sent.24/11/2015, a questo link

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