Consulenza legale GDPR e DPO – Avellino

De Stefano & Iacobacci Avvocati svolge attività di assistenza e consulenza legale anche in materia di GDPR, ed i suoi avvocati svolgono anche attività di DPO.

Particolare esperienza è infatti maturata sui compiti, responsabilità e competenze del data protection officer e sulla corretta applicazione del GDPR nelle società.

Il GDPR indica – vedi articolo 37 – i casi obbligatori di nomina del Data Protection Officer, ossia: se il trattamento dei dati personali è svolto da un’autorità o un ente pubblico, fatta eccezione per le autorità giudiziarie; e per enti o imprese la cui attività principale consiste nel trattamento sistematico o nel monitoraggio su larga scala dei dati personali o di categorie particolari di dati come quelli sanitari e giudiziari.

Infine, la nomina del DPO è imposta per legge alle aziende e alle organizzazioni che svolgono attività di profilazione per finalità di marketing.

Il DPO tra l’altro ha compiti consultivi, di formazione e di informazione.

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Si possono usare virus informatici quali strumenti di indagine per gravi reati

Le SS.UU. penali sono state chiamate a chiarire se anche nei luoghi di privata dimora (di cui all’articolo 614 c.p.), pure non singolarmente individuati e anche se ivi non si stia svolgendo l’attività criminosa, sia consentita l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra presenti, mediante l’installazione di un “captatore informatico” in dispositivi elettronici portatili (ad es., personal computer, tablet, smartphone ecc.).

La risposta è stata positiva con riguardo ai procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata, anche terroristica (a norma dell’art. 13 d.l. n. 152 del 1991), intendendosi per tali quelli elencati nell’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., nonché quelli comunque facenti capo a un’associazione per delinquere, con esclusione del mero concorso di persone nel reato.

vedi Cass., Sez. Un., c.c. 28 aprile 2016.

non si è obbligati ad accettare il sistema operativo preinstallato nel pc e si può chiedere il rimborso del suo valore

L’originale sentenza della Corte di cassazione (Sez. prima civile dell’ 11 settembre 2014, n. 19161) ha statuito l’acquirente non è obbligato ad accettare il sistema operativo preinstallato nel computer dal produttore, ed anzi può chiedere il rimborso del suo valore laddove decida di non utilizzarlo; ed infatti, “Chi acquista un computer sul quale sia stato preinstallato dal produttore un determinato software di funzionamento (sistema operativo) ha il diritto, qualora non intenda accettare le condizioni della licenza d’uso del software propostegli al primo avvio del computer, di trattenere quest’ ultimo restituendo il solo software oggetto della licenza non accettata, a fronte del rimborso della parte di prezzo ad esso specificamente riferibile“.
In caso contrario, infatti, si avrebbero “riflessi a cascata in ordine all’imposizione sul mercato di ulteriore software applicativo la cui diffusione presso i clienti finali troverebbe forte stimolo e condizionamento, se non vera e propria necessità, in più o meno intensi vincoli di compatibilità ed interoperabilità (che potremo questa volta definire ‘tecnologici ad effetto commerciale’) con quel sistema operativo, almeno tendenzialmente monopolista“; la detta dinamica peraltro è stata “fatta oggetto sotto vari profili di interventi restrittivi e sanzionatori da parte degli organismi antritust Usa e della stessa Commissione Ue”.

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