la revoca della sentenza di condanna in caso di mutamento giurisprudenziale

Il giudice remittente dubitava della legittimità costituzionale della disposizione di cui all’articolo 673 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la revoca della sentenza di condanna in caso di mutamento giurisprudenziale intervenuto con decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la quale abbia stabilito che il fatto per il quale è intervenuta sentenza di condanna irrevocabile non è previsto dalla legge come reato.

La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 673 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 13, 25, secondo comma, 27, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Torino.

dolo eventuale e HIV

Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16-04-2012) 03-10-2012, n. 38388

…La giurisprudenza specifica che sussiste l’elemento psicologico del dolo eventuale quando l’agente, pur non avendo di mira il fatto a rischio, ne abbia accettato – nella proiezione della propria azione verso la realizzazione di un fatto primario – la concreta possibilità del suo verificarsi, in un necessario rapporto eziologico con l’azione medesima. L’autore non respinge quindi il rischio, e non adegua la propria condotta in maniera coerente e funzionale a manifestare una controvolontà verso l’evento diverso, rispetto a quello primariamente voluto (sez. 4, n. 28231 del 24.6.09, rv 244693; sez. 5, n. 44712 del 17.9.08, rv 242610, sez. 1, n. 832 dell’8.11.1995; sez. 4 n. 11024 del 10.10.1996, rv 207333; sez. 5, n. 18568 del 21.1.2011).

Si deve quindi concludere che A., pur essendo in grado di rappresentarsi la concreta possibilità che la sua azione reticente e depistante potesse causare un evento diverso da quello per cui materialmente agiva (continuare indisturbato il menage familiare, lasciando in clandestinità il contagio di HIV alla moglie e ostacolando tempestivi interventi terapeutici), non ha escluso la possibilità di cagionare l’evento a rischio (l’aggravamento irreversibile della già cagionata lesione della salute della moglie): gli è mancata quindi la controvolontà verso l’evento altro, con accettazione del rischio e quindi con la volizione dell’evento medesimo. E’ quindi del tutto errata la motivazione della decisione della corte di appello di assoluzione dell’ A. per mancanza dell’elemento psicologico del dolo eventuale, in quanto la motivazione è impostata sulla ricostruzione e sulla valutazione della iniziale frazione della condotta dell’ A. e sulla correlata omissione di ricostruzione e valutazione della parte maggiormente significativa di tale condotta, costituente ineludibile chiave di lettura di tutta la vicenda in esame…

telefoni cordless e cellulari all’orecchio e neurinoma del Ganglio di Gasser

Cassazione civile , sez. lavoro, sentenza 12 ottobre 2012 n° 17438

In caso di malattia professionale non tabellata la prova della causa di lavoro deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, ammettendo la possibilità dell’origine professionale della malattia insorta quando si ravvisi, nel caso concreto, un rilevante grado di probabilità.

Il lavoratore aveva agito in giudizio deducendo che, in conseguenza dell’uso lavorativo protratto, per dodici anni e per 5-6 ore al giorno, di telefoni cordless e cellulari all’orecchio sinistro, aveva contratto una grave patologia tumorale; le prove acquisite e le indagini medico legali avevano permesso di accertare, nel corso del giudizio, la sussistenza dei presupposti fattuali dedotti, in ordine sia all’uso nei termini indicati dei telefoni nel corso dell’attività lavorativa, sia all’effettiva insorgenza di un “neurinoma del Ganglio di Gasser” (tumore che colpisce i nervi cranici, in particolare il nervo acustico e, più raramente, come nel caso di specie, il nervo cranico trigemino).

il cartello che reca i titoli edilizi necessari ai lavori

cass.pen., sez. III, sent.n. 40118/2012 sancisce la grande importanza ha il cartello che reca i titoli edilizi necessari ai lavori:
se le indicazioni non risultano adeguatamente visibili all’esterno dell’area del cantiere si configura un illecito penale a carico del titolare del permesso di costruire, dell’appaltatore e del direttore dei lavori. L’indicazione degli estremi della Dia (ad esempio) e dei nomi dei responsabili dell’attività edilizia hanno finalità di sicurezza oltre che di pubblicità.

reati fallimentari e concorso di commercialisti e avvocati

in tema di reati fallimentari, i consulenti commercialisti o esercenti la professione legale concorrono nei fatti di bancarotta quando, consapevoli del proposito distruttivo dell’imprenditore o degli amministratori della società, forniscano consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assistano nella conclusione dei relativi negozi ovvero ancora svolgano attività dirette a garantire l’impunità o a favorire o rafforzare, con il proprio ausilio o con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui proposito criminoso
cass.pen., sez. V, sent. n. 39988 del 9 ottobre 2012

ristrutturazione edilizia e diversa distribuzione dei vani

non necessita del permesso di costruire l’intervento di ristrutturazione edilizia che comporta solamente una diversa distribuzione dei vani. Dunque, contrariamente all’assunto del giudice a quo, “è da escludersi che integri ‘aumento volumetrico’, il quale richiede il permesso di costruzione, ogni diversa distribuzione in vani, per numero e ampiezza, della identica superficie totale calpestabile, salvo, beninteso il caso – non ricorrente nella specie – della realizzazione di ‘unità immobiliari’ autonome

cass.pen. sent. n. 37713 dell’1 ottobre 2012

sequestro disposto in procedimento contro un difensore non occorre l’avviso al Consiglio dell’ordine forense

È prevista una disciplina speciale per le perquisizioni, le ispezioni e i sequestri che devono svolgersi presso il difensore (art. 103 c.p.p.). Per difensore deve intendersi, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 25/1994, non solo colui che assiste l’indagato nel procedimento in cui vi sia la necessità di attività di ispezione o perquisizione ma anche colui che in altro procedimento ha prestato assistenza all’indagato. La Corte ha infatti affermato: “se si considera la funzione delle garanzie dell’art. 103 ci si convince che sarebbe irragionevole una differenziazione di disciplina a seconda del procedimento nel quale vengono compiuti gli atti che incidono sul rapporto tra parte e difensore, perché se occorre evitare interferenze in questo rapporto, presa di cognizione di notizie o di atti tutelati con il segreto (artt. 200 e 256 c.p.p.) e sequestro di carte e documenti relativi all’oggetto della difesa, diversi da quelli che costituiscono corpo dei reato (art. 103 comma 2), l’esigenza si presenta con uguali caratteristiche per gli atti compiuti nello stesso procedimento in cui si svolge il rapporto difensivo e per quelli compiuti in altri procedimenti….”  (Sez. 2, n. 6766, del 12/11/1998, Rv. 211914, Sez. 5, n. 35469 del 04/06/2003, Rv. 228326; N. 35469 del 2003 Rv. 228326, N. 31177 del 2006 Rv. 234858; N. 12155/2011 Rv. 252147).
Pertanto, quando il sequestro viene disposto ed eseguito nell’ambito di un procedimento relativo ad un reato che vede coinvolto anche un difensore, come nel caso in esame, non occorre l’avviso al Consiglio dell’ordine forense, come correttamente ritenuto dal Tribunale del riesame, poiché in tale ipotesi non si versa nella necessità di tutelare la funzione difensiva o “l’oggetto della difesa”.

videoregistrazioni effettuate in ambito domiciliare

le Sezioni unite (Sez un. 28-3-2006, n. 26795, Prisco) hanno stabilito che le riprese visive sono prove documentali, ex art. 234 c.p.p., quando siano formate fuori dal procedimento, mentre, allorchè vengano formate mediante l’opera della polizia giudiziaria, come nel caso in disamina, costituiscono prove atipiche. Le videoregistrazioni effettuate in ambito domiciliare, ai fini del procedimento penale, sono prove atipiche acquisite illecitamente e sono perciò inutilizzabili. La tutela costituzionale del domicilio va tuttavia limitata ai luoghi con i quali la persona abbia un rapporto stabile, sicchè, quando si tratti di tutelare solo la riservatezza, la prova atipica può essere ammessa con provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria. Non sono pertanto ammissibili riprese visive effettuate, ai fini del processo, in ambito domiciliare mentre vanno autorizzate dall’autorità giudiziaria procedente (p.m. o giudice) le riprese visive che, pur non comportando un’intrusione domiciliare, violino la riservatezza personale (come, ad esempio, le riprese effettuate dalla polizia giudiziaria in un bagno pubblico).
3.1. Nel caso in disamina, deve escludersi che un’aula scolastica possa essere considerata un domicilio, ai fini che interessano nella presente sede. Trattandosi infatti di un luogo dove può entrare un numero indeterminato di persone (alunni, professori, preposti alla sorveglianza e alla direzione dell’istituto, familiari degli alunni), essa va qualificata, come questa Corte ha avuto modo di stabilire (Cass. Sez 3, 8-5-1969 n. 994, C.E.D. Cass. n. 112623, in tema di atti osceni in luogo pubblico) come luogo aperto al pubblico.A quest’ultima qualificazione non è d’ostacolo la ravvisabilità, in capo all’insegnante, di uno ius excludendi che certamente gli compete ma che è preordinato non alla tutela della sua riservatezza o comunque di prerogative personali del docente, ma all’ordinato svolgimento dell’attività didattica, che certamente potrebbe venire turbato dall’indebita intromissione di estranei, e dunque esclusivamente alla migliore esplicazione della funzione.
Correttamente, pertanto, nel caso in disamina, il p.m. ha emesso un provvedimento motivato, con il quale ha dato atto delle ragioni per le quali era necessario procedere all’attività di videoregistrazione, sulla base degli elementi allo stato desumibili dalle attività d’indagine fino a quel momento svolte (dichiarazioni dei genitori di alcuni alunni; registrazione di un file audio per mezzo di telefono cellulare da parte di una della mamme dei minori), in merito al reato di maltrattamenti, senza alcuna necessità di richiedere l’autorizzazione al gip.

Cass.pen., sez. VI, 15 giugno 2012 (dep. 3 settembre 2012), n. 33953

aggravante dell’ingente quantità di stupefacenti ex art. 80 dpr 309/90

l’aggravante dell’ingente quantità di stupefacenti ex art. 80 dpr 309/90 non è di norma ravvisabile quando la quantità sia inferiore a 2000 volte il valore massimo in milligrammi (valore-soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al d.m. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice del merito, quando tale quantità sia superata
Cass. pen., Sez. Un., sent. 24 maggio 2012 (dep. 20 settembre 2012),rv. 36258/12

DELITTI CONTRO L’ASSISTENZA FAMILIARE

Tribunale Monocratico di Avellino, 4 giugno 2012, n. 778

DELITTI CONTRO LA FAMIGLIA – DELITTI CONTRO L’ASSISTENZA FAMILIARE – VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE – STATO DI BISOGNO DEL MINORE – PRESUNZIONE DEL BISOGNO – ASSOLUTA IMPOSSIBILITÀ DELL’OBBLIGATO – ONERE DELLA PROVA – SOSTENTAMENTO DA PARTE DI ALTRI CONGIUNTI – IRRILEVANZA.

 

Lo stato di bisogno dei figli minori è sempre presunto, ed il genitore che non ottempera al suo obbligo di assistenza morale e materiale nei loro confronti, pur avendo concreta capacità lavorativa, risulta responsabile penalmente ex art. 570 c.p.

La mancata corresponsione dell’assegno per il mantenimento del figlio minore stabilito in sede di separazione dei coniugi integra la fattispecie di cui all’art. 570 c.p. in base alla presunzione semplice che il minore sia incapace di produrre reddito proprio, presunzione suscettibile di essere superata solo se il minore disponga di redditi patrimoniali e sempre che non si tratti di retribuzione per attività lavorativa al cui svolgimento il bambino sia costretto e che, pertanto, costituisce prova dello stato di bisogno.

Solo l’assoluta impossibilità dell’obbligato di far fronte al sostentamento dei figli, commisurato alla sua capacità lavorativa, può esimerlo da responsabilità penale. Ma la prova di tale indigenza incolpevole deve fornirla direttamente l’obbligato.

La sostituzione di altri congiunti (nonni, etc.) nell’impegno di sostenere e mantenere il minore non può esimere l’obbligato dall’impegno impostogli, poiché tale sostituzione è, al contrario, conferma dello stato di bisogno cui far fronte.

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