Cassazione: accolto per la quinta volta il ricorso dell’Avv. Iacobacci. Il gratuito patrocinio è un diritto, non un privilegio.

Quinto annullamento consecutivo della Cassazione: ancora una vittoria dell’Avv. Danilo Iacobacci

Con la sentenza n. 34376/2025, depositata il 26 settembre 2025, la Corte di Cassazione (Sez. III Penale) ha accolto, per la quinta volta, un ricorso presentato dall’Avv. Danilo Iacobacci nell’interesse dello stesso assistito annullando un’ordinanza del G.I.P. di Avellino che aveva nuovamente negato al ricorrente il beneficio del gratuito patrocinio a spese dello Stato.

L’ordinanza impugnata – come già avvenuto nei quattro precedenti annullamenti – si fondava sull’asserita “non meritevolezza” dell’imputato in ragione di presunti redditi derivanti da attività illecite, desunti da procedimenti penali non ancora definiti in via irrevocabile.

La Cassazione: “vietato negare il gratuito patrocinio basandosi su condanne non definitive”

La Suprema Corte ha ribadito un principio di diritto chiaro e fondamentale:

“È illegittimo il diniego del beneficio fondato su una condanna non definitiva dalla quale possa inferirsi l’esistenza di redditi illeciti, poiché nessun rilievo può attribuirsi a sentenze non irrevocabili, pena la violazione della presunzione di innocenza.”

Nel caso concreto, il G.I.P. aveva richiamato una condanna non definitiva e due procedimenti ancora pendenti per sostenere che il cliente disponesse di redditi illeciti nel 2020, senza tuttavia fornire alcuna prova concreta o quantificazione del reddito.
La Cassazione ha giudicato tale motivazione “apodittica” e contraria ai principi di diritto processuale e costituzionale.


Una linea giurisprudenziale coerente

È la quinta volta che la Suprema Corte annulla un provvedimento del G.I.P. di Avellino sul medesimo tema, confermando la linea interpretativa coerente e vittoriosa sostenuta dall’Avv. Iacobacci: il gratuito patrocinio non può essere negato sulla base di mere presunzioni o precedenti penali, ma solo a seguito di accertamenti puntuali e verificabili sui redditi effettivamente percepiti.

Il diritto alla difesa, garantito dall’art. 24 della Costituzione, deve rimanere integro anche per chi si trova in condizioni di indigenza o è sottoposto a processo penale, senza che la mera pendenza di indagini o condanne non definitive possa pregiudicarlo.

Il principio affermato: difendere il diritto di difendersi

La Corte richiama così un principio cardine dello Stato di diritto: la presunzione di innocenza e il diritto alla difesa effettiva.
L’Avv. Iacobacci, difensore di fiducia dell’imputato, ha sottolineato come “non sia tollerabile che un cittadino venga privato del gratuito patrocinio solo perché coinvolto in procedimenti penali non ancora conclusi”.

Il gratuito patrocinio – aggiunge – “non è un favore dello Stato, ma una garanzia costituzionale per tutti, soprattutto per chi si trova in difficoltà economiche e ha diritto a essere difeso con pari dignità davanti alla legge”.

Una vittoria di principio

La sentenza n. 34376/2025 rappresenta dunque un’ulteriore affermazione dei principi di giustizia sostanziale e di equità processuale, consolidando una giurisprudenza che tutela concretamente il diritto di difesa.

Il caso D.O. dimostra come il lavoro di difesa tecnica possa contribuire non solo alla giustizia del singolo, ma anche all’affermazione di principi generali che rafforzano le garanzie di tutti.

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