SLAPP: la legge europea che difende giornalisti e attivisti. Ma l’Italia è in ritardo

SLAPP: la legge europea che difende giornalisti e attivisti. Ma l’Italia è in ritardo

di Danilo IacobacciAvvocato fondatore di De Stefano & Iacobacci Avvocati

Immaginate di scrivere un’inchiesta su una questione scomoda: inquinamento ambientale, corruzione politica, mala gestione di fondi pubblici. La pubblicate e, nel giro di pochi giorni, ricevete una citazione in tribunale. Non una, ma cinque. Una per diffamazione, una per danni all’immagine, una per violazione della privacy, e così via. L’obiettivo? Non è vincere. È farvi smettere di parlare.

Benvenuti nel mondo delle SLAPP, acronimo inglese che sta per Strategic Lawsuits Against Public Participation. Si tratta di “cause bavaglio”, azioni legali intentate non per cercare giustizia, ma per intimidire chi esercita il diritto di parola su temi di interesse pubblico.

Secondo i dati del consorzio europeo CASE, l’Italia è il Paese con il maggior numero di SLAPP in Europa: solo nel 2023 sono stati segnalati 26 casi, su un totale di 166 a livello UE. I bersagli preferiti sono giornalisti, blogger indipendenti, attivisti ambientali e organizzazioni non governative. I settori più colpiti? Corruzione, criminalità organizzata, ambiente.

Chi fa informazione libera spesso si ritrova a difendersi da procedimenti infondati che prosciugano tempo, denaro e risorse. In molti casi, la pressione è tale che chi subisce la causa preferisce rimuovere l’articolo o smettere del tutto di occuparsi del tema.

Il Parlamento Europeo ha deciso di intervenire. Nell’aprile del 2024 è stata approvata la Direttiva UE 2024/1069, un testo fondamentale che obbliga gli Stati membri a introdurre strumenti per contrastare l’abuso del diritto civile ai danni della libertà di espressione.

Tra le novità principali: Archiviazione rapida per le cause chiaramente infondate; Sanzioni per chi promuove azioni legali temerarie; Rimborso delle spese legali per chi subisce una SLAPP; Estensione delle tutele a giornalisti, attivisti, ricercatori e ONG, anche in procedimenti transfrontalieri.

Una svolta attesa da anni, che mette finalmente un argine all’uso distorto della giustizia per zittire le voci scomode.

Nonostante sia tra i Paesi europei più colpiti dal fenomeno, l’Italia non ha ancora recepito la direttiva. E non solo: ad oggi manca del tutto una legge specifica che riconosca e sanzioni le SLAPP.

La nostra normativa si affida ancora agli strumenti tradizionali, come l’articolo 96 del codice di procedura civile (sulla responsabilità per lite temeraria) o al reato di diffamazione. Ma queste tutele sono deboli, lente e raramente efficaci.

Nel frattempo, diverse proposte di legge giacciono in Parlamento, ma senza un percorso chiaro né tempi certi. La scadenza fissata dall’Unione Europea è il 7 maggio 2026. Mancano meno di due anni e il rischio è che, come spesso accade, si arrivi in ritardo.

L’approvazione della direttiva rappresenta una svolta non solo per chi fa informazione, ma anche per il mondo legale. Gli studi professionali possono – e devono – svolgere un ruolo attivo: Difendendo chi subisce SLAPP con strategie basate sul principio dell’abuso del diritto; Predisponendo strumenti preventivi, come clausole contrattuali e policy editoriali “anti-SLAPP”; Formando giornalisti, attivisti e ONG sui propri diritti e sulle possibilità di reazione.

Ma serve anche una nuova cultura giuridica, capace di distinguere le critiche legittime da attacchi personali, la partecipazione pubblica dalla diffamazione gratuita. In questo senso, anche la formazione dei giudici sarà fondamentale.

Il caso Daphne Caruana Galizia e la memoria che ci interpella

Non si può parlare di SLAPP senza ricordare Daphne Caruana Galizia, giornalista maltese assassinata nel 2017. Prima di essere uccisa, aveva ricevuto oltre 40 cause civili e penali per i suoi articoli sulle connessioni tra politica e criminalità. La direttiva europea porta il suo nome non ufficialmente, ma idealmente: è un monito per tutti i sistemi democratici.

L’Italia ha il tempo e gli strumenti per adeguarsi agli standard europei. Ma non può più permettersi l’indifferenza. Le cause bavaglio non sono un problema di pochi, ma una minaccia alla libertà di tutti.
Chi lavora per la trasparenza, la giustizia e l’interesse collettivo merita protezione, non persecuzione.

E voi, siete pronti a difendere chi difende la verità?

Guida alla separazione giudiziale | Cosa fare | HowTo

Guida completa alla Separazione giudiziale

di Fabiola De Stefano cofondatore De Stefano & Iacobacci Avvocati

La separazione giudiziale è una procedura legale che può essere avviata da uno dei coniugi quando non vi è consenso reciproco alla separazione o quando esistono condizioni di conflitto tra le parti.

Di seguito è riportata una guida dettagliata sulla separazione giudiziale in Italia, con una spiegazione di ogni passaggio rilevante.

1. Cos’è la separazione giudiziale?

La separazione giudiziale è una procedura di separazione tra coniugi che viene gestita dinanzi al tribunale, su iniziativa di uno dei due coniugi, quando non vi è accordo comune.

Contrariamente alla separazione consensuale, che richiede un accordo tra i coniugi su tutte le condizioni (economiche, patrimoniali e relative alla custodia dei figli), nella separazione giudiziale è il giudice a decidere su questi aspetti.

2. Motivi della separazione giudiziale

In genere, i motivi principali per cui uno dei coniugi può chiedere la separazione giudiziale includono:
– Incompatibilità caratteriale: Conflitti insanabili o difficoltà di convivenza.
– Comportamenti lesivi della dignità del coniuge: Violenza domestica, infedeltà grave o altre situazioni che rendono intollerabile la convivenza.
– “Abbandono del tetto coniugale”: Se uno dei coniugi lascia la casa familiare senza giustificato motivo.
– Gravi mancanze verso la famiglia: Negligenza nei confronti dei doveri coniugali e familiari, tra cui il mancato sostentamento economico o trascuratezza verso i figli.

3. La Procedura di separazione giudiziale

a) Presentazione del ricorso
Il coniuge che intende richiedere la separazione giudiziale deve presentare un ricorso al tribunale competente (di solito quello del luogo in cui risiede la famiglia).

Questo documento deve contenere:
– I dettagli delle motivazioni della richiesta di separazione.
– Le richieste specifiche riguardanti il mantenimento, la divisione patrimoniale, e la custodia dei figli (se presenti).

b) Prima udienza e tentativo di conciliazione
Dopo il deposito del ricorso, il giudice fissa una prima udienza nella quale i coniugi sono chiamati a comparire. In questa sede, il giudice tenta di riconciliare i coniugi, ma se la riconciliazione non è possibile, procede con l’analisi delle domande presentate.

c) Provvedimenti provvisori
Nel caso in cui la riconciliazione non abbia esito positivo, il giudice può emettere dei provvedimenti provvisori per garantire la tutela economica e morale del coniuge più debole e dei figli. Questi provvedimenti possono riguardare:
– L’assegnazione della casa coniugale.
– L’affidamento dei figli e il diritto di visita del genitore non affidatario.
– Il mantenimento economico del coniuge o dei figli.

d) Istruttoria e prove
Dopo i provvedimenti provvisori, inizia la fase istruttoria, durante la quale vengono raccolte prove e testimonianze per sostenere le tesi di entrambe le parti.

Gli avvocati possono presentare documenti, chiamare testimoni e richiedere consulenze tecniche, ad esempio, in merito alla situazione economica dei coniugi.

4. Decisione del Giudice

Al termine del processo, il giudice emette una sentenza di separazione giudiziale che stabilisce:
– La divisione dei beni.
– Le condizioni economiche (assegno di mantenimento per il coniuge e per i figli).
– L’affidamento dei figli e le modalità di visita per il genitore non affidatario.

Le decisioni del giudice sono vincolanti e possono essere eseguite forzatamente, se una delle parti non dovesse rispettarle.

5. Durata della separazione giudiziale

La separazione giudiziale può richiedere diversi anni prima di giungere a una conclusione, soprattutto se i coniugi sono in conflitto su molte questioni.

Tuttavia, grazie alla riforma del processo civile e all’introduzione di strumenti alternativi di risoluzione dei conflitti (come la mediazione familiare), si cerca di ridurre i tempi processuali.

6. Assegno di mantenimento e spese per i figli

Uno dei temi centrali nella separazione è quello relativo all’assegno di mantenimento. Il giudice può decidere che uno dei coniugi debba fornire un sostegno economico all’altro, basato su vari fattori:
– Il reddito e il patrimonio di ciascun coniuge.
– Il contributo di ciascun coniuge alla vita familiare.
– Le esigenze del coniuge che richiede il mantenimento.

Anche per quanto riguarda i figli, il giudice stabilisce un assegno di mantenimento a favore dei figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti, basato sui bisogni dei figli e sulle capacità economiche del genitore obbligato a versarlo.

7. Affidamento e custodia dei figli

In Italia, il principio fondamentale riguardante l’affidamento dei figli è l’affidamento condiviso, che implica che entrambi i genitori partecipino attivamente alla vita dei figli, anche dopo la separazione.

Tuttavia, in casi particolari, come situazioni di violenza o trascuratezza, il giudice può decidere per un affidamento esclusivo a uno dei genitori, con il diritto di visita regolamentato per l’altro.

8. Separazione e Divorzio: differenze

La separazione, anche quella giudiziale, non mette fine al matrimonio ma ne sospende gli effetti. Per porre fine definitivamente al matrimonio, è necessario avviare la procedura di divorzio, che può essere richiesta:
– Dopo sei mesi dalla separazione consensuale.
– Dopo un anno dalla separazione giudiziale.

Con il divorzio, il matrimonio viene sciolto, e gli ex coniugi possono risposarsi. Tuttavia, anche dopo il divorzio, il coniuge può avere diritto a un assegno divorzile, se le condizioni economiche lo giustificano.

9. Modifica delle condizioni di separazione

Le condizioni stabilite durante la separazione giudiziale non sono definitive.

Se nel tempo le circostanze cambiano (ad esempio, variazioni nelle condizioni economiche di uno dei coniugi o del benessere dei figli), ciascuno dei coniugi può chiedere al giudice di modificarle, presentando un nuovo ricorso.

Conclusione

La separazione giudiziale è una procedura complessa che richiede il supporto di un avvocato specializzato in diritto di famiglia. È fondamentale, soprattutto in presenza di figli, affrontare la separazione con consapevolezza e responsabilità, cercando di tutelare il benessere di tutte le parti coinvolte. Anche se il conflitto può essere inevitabile, la separazione giudiziale offre strumenti per garantire una risoluzione equa e giusta delle controversie.

Fabiola De Stefano è un avvocato particolarmente esperto in diritto di famiglia, minori, separazioni e divorzi, e si occupa con assiduità di violenza domestica.
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