sulla la funzione primaria del libretto nel contratto di deposito bancario

…A norma dell’art. 1835, secondo comma, c.c., le annotazioni sul libretto, firmate dall’impiegato della banca che appare addetto al servizio, fanno piena prova nei rapporti tra banca e depositante. La disposizione indica la funzione primaria del libretto, che è quella di documentare in origine il contratto di deposito, e, quindi, i singoli atti di esecuzione nello svolgimento del rapporto, attribuendo un particolare valore alle “annotazioni” sul medesimo riportate, allorché eseguite dall’”impiegato della banca che appare addetto al servizio”. 

L’efficacia probatoria privilegiata è dunque legata alla fattispecie normativa descritta: in particolare, si richiede che le annotazioni siano firmate da tale soggetto e la portata originale della disposizione sta proprio nel riferimento all’impiegato, il quale deve quindi essere, o anche meramente apparire (e secondo taluno si tratterà allora di rappresentanza tacita) addetto al servizio di sportello, il quale solo allora vincola la banca al quelle risultanze. La disciplina legale è cioè correlata al dato di fatto della provenienza delle annotazioni dall’impiegato che con le modalità usuali e normali riceve i depositi ingenerando nel pubblico la legittima opinione che egli sia investito del relativo necessario potere; onere di provare la sussistenza delle condizioni ambientali previste dalla norma è a carico del depositante.
Si è così affermato che il libretto bancario di deposito a risparmio, pur non potendosi considerare atto pubblico dotato dell’efficacia probatoria privilegiata sino a querela di falso di cui all’art. 2700 cod. civ., è assistito dallo speciale regime delineato dall’art. 1835, stesso codice, sicché, ove il documento presenti i requisiti formali minimi richiesti, esso fa piena prova non solo delle annotazioni, ma anche della provenienza del libretto dalla banca al cui servizio appare addetto il funzionario che ha sottoscritto dette annotazioni (Cass., sez. I, 16 aprile 1996, n. 3585; tale piena efficacia probatoria tra banca e depositante delle annotazioni sul libretto firmate dall’impiegato che appare addetto al servizio è disciplina dettata a tutela dell’affidamento dei clienti per Cass., sez. I, 16 dicembre 1991, n. 13547).
L’espressione “piena prova”, contenuta anche in altre disposizioni (cfr. es. art. 2700, 2702, 2712, 2713, 2720, 2733 c.c.), indica che, con riguardo alle somme annotate sul libretto, la prova legale è in sé raggiunta, reputando la legge idoneo un certo fatto determinato al fine dell’assolvimento dell’onere probatorio, in quanto il dato fenomenico a quelle condizioni è in grado di prevalere sul dato reale; questa peculiare efficacia si sovrappone, in virtù del suo carattere di specialità, a quella attribuita in via generale alla scrittura privata.
Ma la disciplina legale trova applicazione unicamente sul presupposto che il documento presenti i requisiti minimi che corrispondono alla individuazione dello stesso in conformità al modello tipico: si deve, invero, ritenere esistente la suindicata rilevanza probatoria, in considerazione delle ragioni giustificatrici della previsione di essa, solo ove tali condizioni minime siano rispettate…

così Cass. civ., sez. I, 24 aprile 2014, n. 9277

in tema di prova del mobbing

…Al fine dell’accertamento della responsabilità, di natura contrattuale, del datore di lavoro di cui all’art. 2087 cod. civ., incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro – una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze – l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo…
insomma: …la responsabilità del datore di lavoro per la violazione dell’obbligo posto dall’art. 2087 cod. civ. non ricorre per la sola insorgenza della malattia del lavoratore durante il rapporto di lavoro, richiedendosi che l’evento sia ricollegabile a un comportamento colposo dell’imprenditore che, per negligenza, abbia determinato uno stato di cose produttivo dell’infermità…

Cass.civ., 15 aprile 2014, n. 8804

art. 33 della Convenzione di Montreal: la competenza rimane soggetta al regime interno dello Stato in cui l’attore decide di intraprendere il giudizio

…In via pregiudiziale va disattesa l’eccezione di incompetenza funzionale e per territorio dell’adito giudice proposta dalla terza chiamata in causa XXX, che ha invocato l’applicazione al caso di specie della disposizione di cui all’art. 28 della Convenzione di Varsavia del 1929.
La Suprema Corte con sentenza n. 11183 del 2005 ha statuito che l’art. 28 della Convenzione di Varsavia, oggi sostituito dall’art. 33 della Convenzione di Montreal del 1999, nella parte che individua i fori alternativi dell’azione del danneggiato nel luogo del domicilio del vettore o della sede principale della sua attività o nel luogo in cui esso possiede un’impresa che ha provveduto a stipulare il contratto, o in quello di destinazione del volo, attiene esclusivamente alla giurisdizione e non anche alla competenza interna.
Dunque, l’art. 33 della Conv.Montreal del 1999, come l’art. 28 della Conv. di Varsavia, richiama i fori alternativi suddetti solo come criteri di collegamento giurisdizionale e non come criteri di competenza, che rimane soggetta al regime interno dello Stato in cui l’attore decide di intraprendere il giudizio; tant’è che l’articolo in esame si intitola “competenza giurisdizionale” ed il suo comma 4 (ex comma 2 Conv. Varsavia) stabilisce che le regole di procedura, tra cui vi sono quelle sulla competnza territorale, sono quelle del tribunale adito…

così Giudice di Pace di Avellino sentenza n. 189/2014 del 17/2/2014

la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario fa cessare la materia del contendere

…il passaggio in giudicato, in pendenza del giudizio di separazione dei coniugi, della sentenza che rende esecutiva nello Stato la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario contratto dalle parti, fa venire meno il vincolo coniugale e, quindi, fa cessare la materia del contendere in ordine alla domanda di separazione personale e alle correlate statuizioni circa l’addebito e l’assegno di mantenimento, adottate nel processo e non ancora divenute intangibili…

così Cass.civ., sez. VI, ordinanza n. 3998 del 19 Febbraio 2014

richiesta indennizzo per gli utenti della Telecom ai quali in fattura vengono addebitati i costi per noleggio apparecchi telefonici e accessori

E’ possibile contestare le fatture nelle quali sono stati addebitati gli importi relativi ai canoni per noleggi accessori e apparecchi telefonici, in quanto non dovuti per illegittimità della richiesta da parte della Telecom, come disposto dalla delibera 13/10/CIR dell’11/03/2010 AGCOM.

Gli interessati possono chiedere il rimborso degli importi indebitamente versati dall’utente a Telecom, a partire dagli ultimi dieci anni, maggiorato dei relativi interessi legali, nonché chiedere la cancellazione di dette voci dalle fatture di prossima emissione.

Per attivare la procedura è possibile rivolgersi all’Avv. Fabiola De Stefano telefonando al n. 3400677673 od inviando una email a fds@studiolegaledesia.com

l’appartenenza del sottotetto condominiale dipende dalla sua funzione

…il sottotetto rientra nel novero dei beni di cui all’art. 1117 cod. civ. quando è destinato all’uso comune, mentre costituisce pertinenza dell’appartamento dell’ultimo piano nel caso in cui assolva la funzione di isolare e proteggere (le unità immobiliari private) dal caldo, dal freddo e dall’umidità…

Cass.civ., sez. II, 17 Dicembre 2013, n. 28141

sul peculato e sulla rivelazione del segreto di ufficio commessi da personale di Cancelleria

La Cassazione è intervenuta sul peculato e sulla rivelazione del segreto di ufficio commessi da personale di Cancelleria sancendo i seguenti principi di diritto:

Il delitto di peculato è integrato nel momento in cui ha luogo l’appropriazione della “res” o del danaro da parte dell’agente, la quale, anche quando non arreca, per qualsiasi motivo, danno patrimoniale alla pubblica amministrazione, è già comunque lesiva dell’ulteriore interesse tutelato dall’art. 314 cod. pen. che si identifica nella legalità, imparzialità e buon andamento del suo operato.

La disciplina del segreto d’ufficio per l’impiegato pubblico è prevista dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 28, che ha sostituito il D.P.R. n. 3 del 1957, art. 15, (testo unico degli impiegati civili dello Stato). Tale norma non si limita a disporre l’obbligo di “mantenere il segreto d’ufficio”, ma ne definisce anche l’ambito e l’estensione, specificando che l’impiegato “non può trasmettere a chi non ne abbia diritto informazioni riguardanti provvedimenti od operazioni amministrative, in corso o concluse, ovvero notizie di cui sia venuto a conoscenza a causa delle sue funzioni, al di fuori delle ipotesi e delle modalità previste dalle norme sul diritto di accesso”.

 così Cass.pen., sez. VI, 6 dicembre 2013, n. 49133

commette un illecito disciplinare il Magistrato candidatosi alle elezioni comunali senza prima porsi in aspettativa?

La Cassazione a SS.UU. annulla la contestazione – ex art. 3 comma 1 lett. h) d.lgsl. n. 109/2006 – mossa ad un Magistrato candidatosi alle elezioni comunali senza prima porsi in aspettativa.
Rileva la Corte che nel provvedimento di censura del CSM vi sia un “vizio di motivazione nella misura in cui ha tratto dalla partecipazione del dott. XXX all’attività di propaganda politica in occasione di una determinata competizione elettorale, per una durata assai limitata nel tempo (pochi giorni), un decisivo elemento di valutazione per ritenere la sistematicità è continuità della partecipazione al partito politico che indicava la sua candidatura a vicesindaco ed a quella coalizione che esprimeva il candidato sindaco, laddove si trattava di attività coperta da legittimo esercizio del diritto di elettorato passivo atteso che il dott. XXX magistrato di tribunale, esercitava le sue funzioni giudiziarie in altro circondario, diverso da quello dove aveva luogo la competizione elettoral. Mentre l’asserita indebita spendita, in tale occasione, della qualità di magistrato non valeva ad integrare il requisito della sistematicità e continuità della partecipazione al partito politico, ma avrebbe potuto costituire semmai autonoma e diversa condotta disciplinarmente rilevante ai sensi della lett. a) del primo comma dell’art. 3 d.lgsl. n. 109/2006″

così Cass.civ. Sez. Un., 16/12/2013, n. 27987

la nomina di un RSPP non esonera il datore di lavoro dalla responsabilità per morte del dipendente

In materia di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro non può andare esente da responsabilità, sostenendo esservi stata una delega di funzioni a tal fine utile, per il solo fatto che abbia provveduto a designare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Difatti la presenza di un RSPP è obbligatoria ai sensi dell’art. 8 del D.Lgs. 626/1994 per l’osservanza di quanto previsto dal successivo art. 9, ma tale figura non coincide con quella, peraltro facoltativa, del dirigente delegato all’osservanza delle norme antinfortunistiche ed alla sicurezza dei lavoratori”. Ed infatti, per la Corte, il RSPP non può incidere in via diretta sulla struttura aziendale ma ha solo una funzione di ausilio finalizzata a supportare (e non a sostituire) il datore di lavoro nell’individuazione dei fattori di rischio nella lavorazione, nella scelta delle procedure di sicurezza e nelle pratiche di informazione e di formazione dei dipendenti. Dunque nonostante si proceda, come nel caso di specie, alla nomina di un RSPP il datore di lavoro conserva l’obbligo di effettuare la valutazione dei rischi e di elaborare il documento relativo alle misure di prevenzione e protezione“.

Cass.pen., sez. IV, 16/12/2013, n. 50605

Avvocato Matrimonialista ad Avellino – Separazione, Divorzio e Diritto di Famiglia

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