Per il calcolo dei redditi del gratuito patrocinio, quali sono i familiari/conviventi?

 

penna-de-stefano-iacobacciLa Cassazione interviene sulla questione del calcolo dei redditi ai fini del gratuito patrocinio, ed in particolare di quali siano i familiari/conviventi da prendere in considerazione. Si impone, cioè, al Giudice una concreta indagine sulla reale situazione di fatto, al di là dei formalismi e delle residenze.

Leggendo Cassazione Penale,  sez. IV, 28 ottobre 2016, n. 45511, apprendiamo che “non è sufficiente di certo la formale ed anagrafica situazione di convivenza o di mera coabitazione se essa non corrisponde a quella effettiva nei frattempo sopravvenuta – per includere tout court i redditi dei soggetti coabitanti o conviventi nei coacervo reddituale del soggetto istante. Ma tale dato – che avrebbe dovuto impegnare il giudice di merito ad una accurata verifica delle effettive circostanze di fatto – non è stato in alcun modo recepito e considerato ed in relazione ad esso la motivazione appare carente, e puramente formale, fondata sul dato, a sua volta formale, dell’Agenzia delle Entrate.

Ne segue che il provvedimento impugnato va annullato con rinvio per un nuovo esame.

Il giudice del rinvio dovrà comunque tenere conto che la valutazione del reddito deve essere effettuata valutando in punto di fatto le situazioni di convivenza da cui derivano stabili legami di mutua assistenza (cfr. questa sez. 4, n. 22635 del 7/4/2005, Rv. 231791 secondo cui “La nozione di convivenza, rilevante ai fini dell’individuazione dei soggetti il cui reddito deve essere computato con quello dell’interessato all’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, implica il rapporto di stretta coabitazione. Non si ha, pertanto, convivenza nella situazione di fatto da cui possono derivare incrementi patrimoniali per occasionali ed episodici contributi di persone legate all’interessato da un particolare rapporto affettivo, ma non inserite nella sua organizzazione economica familiare).

Questa Corte di legittimità ha anche più volte precisato che, nel valutare il reddito familiare complessivo, occorre fare riferimento non tanto alla famiglia anagrafica, quanto al nucleo familiare di fatto, ovvero a quei legami di stabile convivenza da cui deriva una situazione di mutua e non episodica assistenza. Si è ritenuto, in altri termini, di ancorare la concessione del beneficio alla valutazione della situazione economica “effettiva” del richiedente (desumibile da dati ulteriori rispetto a quello formale della situazione anagrafica)”

I requisiti per l’ammissione sono descritti quì

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Sull’omessa notifica all’imputato dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare

Le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione, all’udienza del 24 novembre 2016, hanno stabilito che l’omessa notifica all’imputato dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare configura un’ipotesi di nullità assoluta, insanabile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento derivante dalla omessa citazione dell’imputato.

Sul legittimo impedimento dell’avvocato ammalato intervengono le Sezioni Unite

Con una sentenza di garantismo e civiltà giuridica encomiabile le Sezioni Unite della Corte di Cassazione Penale (sentenza n. n. 41432 depositata il 3/10/2016), si è stabilito che l’avvocato ammalato, anche in sede di udienza camerale, non ha il dovere di giustificare le ragioni della mancata nomina del sostituto processuale.

Ed infatti, “è illegittimo il provvedimento di rigetto dell’istanza di rinvio dell’udienza per impedimento del difensore, dovuto a serie ragioni di salute o ad altro evento non prevedibile, né evitabile, se motivato con esclusivo riguardo alla mancata nomina di un sostituto processuale o all’omessa indicazione delle ragioni dell’impossibilità di procedervi (Il principio è stato enunciato in relazione al giudizio camerale di appello, conseguente a processo di primo grado celebrato con rito abbreviato)”

Avvocati di Diritto Agrario ad Avellino

Avvocati Diritto Agrario, Diritto Alimentare ed Enologico

Gli avvocati De Stefano & Iacobacci trattano le materie del Diritto Agrario, del Diritto Alimentare ed Enologico con particolare riferimento alle controversie nel tribunale di Avellino e Benevento ma si estendono anche nel resto del paese e sino innanzi alla Cassazione e Giurisdizioni Superiori .

La materia del diritto agrario (anche noto come diritto dell’agricoltura); ambito che ritrova disciplina sia nell’ordinamento nazionale che comunitario e riguarda l’attività imprenditoriale (soprattutto) diretta alla creazione di beni che hanno nella natura il loro supporto ed il loro radicamento (essendo così manifestazione della vita vegetale ed animale). Dunque lo studio legale si occupa del diritto agrario quale complesso delle norme, sia di diritto privato sia di diritto pubblico, che regolano i soggetti, i beni, gli atti e i rapporti giuridici pertinenti all’agricoltura; ossia di quelle delle norme che hanno ad oggetto immediato e diretto il regolamento giuridico dell’agricoltura.

Particolare attenzione è dedicata alle specificità del Diritto Alimentare ed Enologico.

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per le Sezioni Unite è remissione tacita il non presentarsi del querelante

Chiamate a decidere sul se configuri remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale del querelante previamente ed espressamente avvisato dal giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela, le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione (udienza 23 giugno 2016) hanno ritenuto di rispondere affermativamente.

Qualche giorno fa (8 giugno 2016) è stata approvata la legge sul negazionismo.

Qualche giorno fa (8 giugno 2016) è stata approvata la legge sul negazionismo.

Si modifica la c.d. legge Mancino – legge n. 654 del 1975 – all’articolo 3: è punito con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (lett. a); con la reclusione da sei mesi a quattro anni, chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (lett. b).

Vietata è poi ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, e ne sanziona con pene detentive la partecipazione (da sei mesi a quattro anni) e la promozione o direzione (da uno a sei anni).

Prevista inoltre la reclusione da 2 a 6 anni nei casi in cui la propaganda, l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondino “in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra” come definiti dallo Statuto della Corte penale internazionale (art. 6, crimine di genocidio; art. 7, crimini contro l’umanità; art. 8, crimini di guerra), ratificato dall’Italia con la legge n. 232 del 1989.

E’ di tenue entità il fatto di non sottoporsi all’accertamento alcoolimetrico

Le SS.UU. della Cassazione (sentenza del 6 aprile 2016) hanno affermato che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 131-bis cod. pen., è compatibile con il reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcoolimetrico, previsto dall’art. 186 comma 7 CDS

Può firmare il ricorso per Cassazione il sostituto cassazionista

E’ ammissibile il ricorso per cassazione proposto da avvocato iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione, nominato quale sostituto dal difensore dell’imputato, di fiducia o di ufficio, non cassazionista.

Cass., Sez. Un., c.c. 28 aprile 2016.

Si possono usare virus informatici quali strumenti di indagine per gravi reati

Le SS.UU. penali sono state chiamate a chiarire se anche nei luoghi di privata dimora (di cui all’articolo 614 c.p.), pure non singolarmente individuati e anche se ivi non si stia svolgendo l’attività criminosa, sia consentita l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni tra presenti, mediante l’installazione di un “captatore informatico” in dispositivi elettronici portatili (ad es., personal computer, tablet, smartphone ecc.).

La risposta è stata positiva con riguardo ai procedimenti relativi a delitti di criminalità organizzata, anche terroristica (a norma dell’art. 13 d.l. n. 152 del 1991), intendendosi per tali quelli elencati nell’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., nonché quelli comunque facenti capo a un’associazione per delinquere, con esclusione del mero concorso di persone nel reato.

vedi Cass., Sez. Un., c.c. 28 aprile 2016.

Se la sentenza è annullata per vizi inerenti la prova, la Corte di Appello deve rinnovare il dibattimento

Le Sezioni Unite della Cassazione sono state chiamate a decidere la questione inerente il se, nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, il giudice di appello debba disporre la rinnovazione della istruzione dibattimentale.

Le SS. UU. sul punto hanno chiarito che Il giudice di appello, qualora ritenga di riformare nel senso dell’affermazione di responsabilità dell’imputato la sentenza di proscioglimento di primo grado, sulla base di una diversa valutazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva dal primo giudice, deve disporre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei soggetti che hanno reso le relative dichiarazioni; e ciò in ragione di una interpretazione convenzionalmente orientata (ex art. 6, par. 3, lett. d, CEDU) dell’art. 603 cod. proc. pen. La sentenza del giudice di appello che, in riforma di quella di proscioglimento di primo grado, affermi la responsabilità dell’imputato sulla base di una diversa valutazione della prova dichiarativa, ritenuta decisiva, senza avere proceduto alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, è affetta da vizio di motivazione deducibile dal ricorrente a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in quanto la condanna contrasta, in tal caso, con la regola di giudizio “al di là di ogni ragionevole dubbio” di cui all’art. 533, comma 1, cod. proc. pen. Gli stessi principi trovano applicazione nel caso di riforma della sentenza di proscioglimento di primo grado sull’appello promosso dalla parte civile.

Così Cass., Sez. Un., udienza del 28 aprile 2016.

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