Sentenza n. 156/2025 della Corte Costituzionale: profilo, portata e implicazioni
a cura di De Stefano & Iacobacci Avvocati
Premessa
Con la sentenza n. 156/2025 (ECLI: IT:COST:2025:156) la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (cd. Statuto dei lavoratori) – norma che disciplina la costituzione delle Rappresentanze Sindacali Aziendali («RSA») – nella parte in cui non prevede che le RSA possano essere costituite ad iniziativa dei lavoratori, in ogni unità produttiva, anche nell’ambito delle associazioni sindacali «comparativamente più rappresentative sul piano nazionale». (Corte Costituzionale)
L’ordinanza di rimessione era stata sollevata dal Tribunale ordinario di Modena – funzione lavoristica – con ordinanza 14 ottobre 2024, n. 220 del r.o. 2024. (Corte Costituzionale)
La pronuncia si inserisce nel solco della giurisprudenza della Corte in materia di tutela sindacale, rappresentatività ed agibilità; e rappresenta un significativo passo verso una revisione della disciplina che regola l’accesso alla tutela promozionale sindacale (livello “rafforzato”) prevista dallo Statuto dei lavoratori.
Nel prosieguo dell’articolo si illustrano: (i) il contesto fattuale e procedurale; (ii) i motivi della rimessione e le doglianze sollevate; (iii) l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale in materia; (iv) le conclusioni della Corte e le indicazioni normative; (v) le implicazioni pratiche per datori di lavoro, organizzazioni sindacali e consulenti del lavoro; (vi) alcune riflessioni critiche e possibili scenari futuri.
1. Contesto fattuale e procedurale
Il caso concreto riguarda la Organizzazione Sindacale Autonomi e di Base ORSA – Settore Trasporti Autoferro TPL – Segreteria provinciale di Modena (in breve ORSA) e la Società Emiliana Trasporti Filoviari SETA spa, all’interno dell’unità produttiva di Modena. (Corte Costituzionale)
Secondo i fatti esposti dal Tribunale rimettente:
- ORSA è parte della confederazione ORSA a livello nazionale, firmataria del protocollo del 4 maggio 2017 con ASSTRA, associazione delle aziende di trasporto pubblico locali. (Corte Costituzionale)
- Nell’unità produttiva della SETA di Modena, ORSA rivendica un numero di iscritti superiore al 20% dei lavoratori sindacalizzati, pari circa al 10% della forza lavoro complessiva. (Corte Costituzionale)
- Ha raccolto adesioni agli scioperi superiori alla media e le firme di oltre metà dei dipendenti per richiedere le elezioni della RSU (Rappresentanza Sindacale Unitaria). (Corte Costituzionale)
- Nonostante ciò, SETA ha negato ad ORSA la possibilità di costituire la RSA nell’unità produttiva e l’ha esclusa dalle trattative per accordi aziendali e dalla firma degli accordi stessi. (Corte Costituzionale)
- Da parte sua, SETA ha sostenuto che ORSA non aveva firmato il contratto collettivo nazionale applicato nell’unità produttiva né aveva partecipato alla negoziazione, elementi che – secondo la società – impedivano la costituzione della RSA, in applicazione dell’art. 19 l. 300/1970. (Corte Costituzionale)
Il Tribunale di Modena ha ritenuto che potesse configurarsi una disparità di trattamento tra sindacati e che l’attuale criterio normativo selettivo – firma del contratto o partecipazione alla negoziazione – non fosse più adeguato a garantire la rappresentatività reale e il pluralismo sindacale nell’azienda. Per queste ragioni ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 19 l. 300/1970, primo comma, in riferimento agli artt. 3 e 39 Cost. (Corte Costituzionale)
2. Le doglianze e la questione rimessa
L’ordinanza del Tribunale esprime essenzialmente due serie di rilievi:
- Rilevanza della rappresentatività aziendale reale – se un sindacato, pur non avendo firmato il contratto collettivo applicato nell’unità produttiva né partecipato alla negoziazione, sia comunque «maggiormente o significativamente rappresentativo» all’interno dell’unità produttiva, sarebbe ingiustificato impedirgli la costituzione della RSA. (Corte Costituzionale)
- Disparità di trattamento e potere datoriale selettivo – il criterio legale della firma del contratto o della negoziazione consentirebbe al datore di lavoro di influenzare la selezione degli interlocutori sindacali, escludendo quelli «scomodi» anche se con reale rappresentatività aziendale, con conseguente compressione del pluralismo sindacale ex art. 39 Cost. e della parità ex art. 3 Cost. (Corte Costituzionale)
In particolare, il Tribunale ha osservato che, nel caso concreto, ORSA era la prima forza sindacale nell’unità produttiva nel 2021, terza nel 2022, seconda nel 2023, ma non era stata ammessa né alle trattative né alla firma del contratto. (Corte Costituzionale)
Chiedeva quindi:
- in via principale, una pronuncia di tipo ablativo, che consentisse al giudice ordinario di valutare la rappresentatività sindacale mediante criteri empirici;
- in via subordinata, una pronuncia additiva, che estendesse la legittimazione alla costituzione della RSA anche ai sindacati con significativa o maggioritaria rappresentatività su base aziendale. (Corte Costituzionale)
SETA e le intervenienti hanno eccepito l’inammissibilità della questione (sostenendo che l’oggetto fosse in realtà la sentenza della Corte n. 231/2013, non la norma legislativa, e che fosse assente rilevanza) e, comunque, la non fondatezza della doglianza in quanto il criterio della partecipazione negoziale e della firma contrattuale sarebbe ragionevole e coerente con la disciplina nazionale. (Corte Costituzionale)
3. Evoluzione della giurisprudenza costituzionale in materia
Per comprendere la portata della sentenza 156/2025, è utile sintetizzare l’evoluzione della giurisprudenza della Corte riguardo all’art. 19 l. 300/1970.
- La dottrina e la Corte hanno distinto due livelli di tutela sindacale: un livello di garanzia (libertà, interdizione discriminazioni, art. 28 Statuto) e un livello promozionale (diritti rafforzati del sindacato rappresentativo – RSA). (Corte Costituzionale)
- In merito all’art. 19, originariamente esso prevedeva due criteri: lettera a) – associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale; lettera b) – associazioni firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali applicati nell’unità produttiva. (Corte Costituzionale)
- Con il d.P.R. 28 luglio 1995, n. 312, la lettera a) venne abrogata, e la lettera b) modificata (contratti aziendali inclusi). (Corte Costituzionale)
- Con la sentenza n. 244/1996, la Corte aveva ammesso il criterio della firma del contratto come strumento di verifica della rappresentatività, a condizione che non fosse mera adesione formale o mera firma di un contratto non normativo. (Corte Costituzionale)
- Con la sentenza n. 231/2013 la Corte ha dichiarato incostituzionale la norma nella parte in cui non prevedeva la costituzione della RSA anche per un sindacato che, pur avendo partecipato alla negoziazione contrattuale, non aveva aderito alla firma. La Corte precisò che il criterio della firma, se trasformato in meccanismo di esclusione invece che di selezione, viola gli artt. 2, 3 e 39 Cost. (Corte Costituzionale)
- Con la presente sentenza n. 156/2025, la Corte estende la logica, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui non consente la costituzione della RSA anche a sindacati che, pur non avendo firmato né partecipato alla trattativa, risultino comparativamente più rappresentativi a livello nazionale (o comunque dotati di adeguata rappresentatività aziendale). (Corte Costituzionale)
In altre parole, la Corte ha ribadito che il criterio selettivo previsto dall’art. 19 non può trasformarsi in un impedimento alla piena realizzazione del pluralismo sindacale e della libertà sindacale, così come tutelati dagli artt. 39 (libertà sindacale e pluralismo) e 3 (principio di uguaglianza) della Costituzione. (Corte Costituzionale)
4. Principali indicazioni della sentenza 156/2025
4.1 Il dispositivo
La Corte ha quindi:
- dichiarato ammissibile l’intervento ad opponendum di CONFSERVIZI – ASSTRA – UTILITALIA e della ASSTRA. (Corte Costituzionale)
- dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, nella parte in cui non prevede che la RSA possa essere costituita ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva anche nell’ambito delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. (Corte Costituzionale)
4.2 Motivazione essenziale
La Corte, richiamando la giurisprudenza precedente, ha evidenziato che:
- Il criterio della partecipazione alla trattativa (o della firma del contratto) funziona come indicatore della rappresentatività solo se la contrattazione si svolge in condizioni di effettiva parità e senza condizionamenti del datore di lavoro. (Corte Costituzionale)
- Nel settore privato, tuttavia, l’ammissione del sindacato al tavolo contrattuale resta affidata alla discrezionalità del datore di lavoro, e ciò pone un rischio reale che la norma selettiva non eserciti più una funzione “selettiva” ma diventi “escludente”. (Corte Costituzionale)
- In tali casi, il criterio legale assume natura strutturalmente irragionevole, violando gli artt. 3 e 39 Cost., perché consente al datore di lavoro di scegliere l’interlocutore sindacale e di escludere sindacati dalla tutela promozionale anche se rappresentativi dei lavoratori. (Corte Costituzionale)
- La Corte ha quindi ritenuto che la disciplina richieda un intervento del legislatore volto a definire criteri oggettivi e misurabili per la rappresentatività aziendale (ad es. soglie percentuali, sistemi di certificazione) analogamente a quanto già avviene nel pubblico impiego. (Corte Costituzionale)
4.3 Effetti e limiti
- La sentenza non fornisce immediatamente un nuovo criterio di misurazione della rappresentatività aziendale. La Corte ha lasciato al legislatore la «riscrittura organica» della disposizione censurata. (Corte Costituzionale)
- Fino al nuovo intervento legislativo, la norma rimane applicabile ma con la consapevolezza che il sistema selettivo è stato dichiarato incostituzionale nella parte indicata. Pertanto, nei giudizi pendenti può essere invocata la pronuncia per contestare esclusioni arbitrarie dalla costituzione della RSA.
- Dal punto di vista operativo, occorre vigilanza sulle unità produttive e sui rapporti aziendali: il datore di lavoro ha l’onere di non discriminare o escludere, in modo irragionevole, sindacati che comprovino rappresentatività aziendale effettiva, al fine di evitare possibili conseguenze antisindacali ex art. 28 Statuto.
- Le organizzazioni sindacali, d’altro canto, possono ragionevolmente far valere la pronuncia a sostegno della revisione dei criteri di accesso alla costituzione della RSA, potendo sollevare la questione nei giudizi di lavoro quando rilevino l’effettiva rappresentatività aziendale.
5. Implicazioni pratiche per il mondo del lavoro
5.1 Per le imprese
- Le imprese devono verificare i modelli di rappresentanza sindacale interna: la costituzione delle RSA non potrà più basarsi esclusivamente sulla firma di un contratto o sulla partecipazione alla negoziazione, se tali criteri si rivelano selettivi o discriminatori.
- È consigliabile predisporre una policy interna che regolamenti la selezione degli interlocutori sindacali, garantendo trasparenza e pluralismo, onde evitare rischi di contestazioni per condotta antisindacale.
- Nelle unità produttive ove sindacati “non tradizionali” o nuovi ma effettivamente rappresentativi operino, l’impresa dovrebbe considerare la possibilità di coinvolgerli e non escluderli in modo automatico.
5.2 Per le organizzazioni sindacali
- Le sigle sindacali non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità o non partecipanti alle trattative, ma che dimostrino una consistente rappresentatività aziendale effettiva (iscritti, adesioni, voti RSU, ecc.), possono fare leva sulla pronuncia per accedere alla costituzione della RSA.
- È opportuno raccogliere documentazione che attesti la presenza attiva nella unità produttiva (es. numero iscritti, adesione scioperi, iniziative aziendali, richieste RSU) e prevedere iniziative giudiziarie tempestive in caso di esclusione.
- Per i sindacati divenuti comparativamente più rappresentativi a livello nazionale, la sentenza apre la strada per una revisione dei rapporti negoziali e dell’agibilità sindacale aziendale.
5.3 Per i consulenti del lavoro e avvocati
- È indispensabile aggiornare i pareri aziendali e sindacali alla luce della sentenza, prestando attenzione al rischio di vizi di rappresentatività aziendale e di possibili contestazioni per omissione del datore di lavoro.
- Nei contenziosi in materia di RSA, la pronuncia costituisce un nuovo precedente da citare, e può essere invocata tanto in casi di costituzione quanto in casi di impugnazione di esclusione.
- Si consiglia di monitorare l’evoluzione normativa successiva, perché la Corte ha indicato la necessità di un intervento legislativo, e di valutare l’opportunità di sollevare questioni di legittimità costituzionale analoghe qualora persistano criteri selettivi non conformi ai principi costituzionali.
6. Riflessioni critiche e scenari futuri
La sentenza n. 156/2025 rappresenta un’importante “tappa di mezzo” – più che la conclusione – nella revisione della disciplina della rappresentanza sindacale aziendale. Alcune riflessioni:
- Pur dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma nella parte indicata, la Corte non ha fissato direttamente un nuovo parametro all’interno della legge: la riscrittura è rimessa al legislatore. In questo senso, rimane una fase di “transizione” e di incertezza applicativa.
- La Corte segnala – e questo è un dato di rilievo – che il criterio della partecipazione alla trattativa, benché valido in teoria, nella prassi aziendale privata può essere strumentalmente utilizzato per escludere interlocutori sindacali. Ciò apre la questione della “selettività” del datore di lavoro e del potere negoziale che esso detiene: se non è adeguatamente contrastato, la tutela promozionale rischia di essere formale e non sostanziale.
- Il richiamo ai modelli del pubblico impiego (soglia del 5% di rappresentatività, sistemi di certificazione) lascia intravedere che il legislatore potrà adottare strumenti analoghi per il settore privato. Se ciò avverrà, si aprirà una stagione di riforma complessiva della rappresentatività sindacale, con possibili impatti importanti su trattative aziendali, contrattazione di secondo livello e agibilità sindacale.
- Le imprese che operano in settori ad alta presenza sindacale, o che sono soggette a convenzioni di trasporto pubblico locale, dovranno adeguarsi tempestivamente e rivedere le proprie strategie di relazioni industriali.
- Per i sindacati minori, ma con effettiva “massa critica” aziendale, la pronuncia costituisce una leva potenziale: tuttavia, la effettiva operatività di questa leva richiederà una azione giudiziale o negoziale coordinata e una documentazione robusta.
Conclusioni
La sentenza n. 156/2025 della Corte Costituzionale rappresenta un segnale forte: la tutela sindacale promozionale non può essere condizionata da criteri formali che, nella pratica, consentono al datore di lavoro di escludere interlocutori sindacali effettivamente rappresentativi. La Corte apre un “espazio” di intervento legislativo volto a garantire criteri oggettivi e misurabili di rappresentatività aziendale, al fine di preservare i principi costituzionali del pluralismo sindacale, dell’eguaglianza e della libertà sindacale.
Per il mondo reale delle imprese, dei lavoratori, dei sindacati e dei consulenti del lavoro, ciò significa un aumento della complessità soggettiva e procedurale, ma anche una opportunità: quella di costruire modelli più trasparenti, democratici e coerenti con la Costituzione.
Lo studio legale De Stefano & Iacobacci consiglia ai propri lettori – datori di lavoro, sindacati, consulenti del lavoro – di verificare i propri assetti aziendali, a valutare l’effettiva rappresentatività dei sindacati presenti nelle unità produttive e a considerare le possibili azioni correttive o preventive alla luce della pronuncia. Resta a disposizione per approfondimenti, assistenza in contenziosi sindacali e consulenza mirata.