pubblicate le motivazioni della Cassazione sul delitto di via Poma
qui il testo cassazione via poma
De Stefano & Iacobacci Avvocati
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Per la Cassazione si integra il reato di molestie anche con commenti sulla bacheca di Facebook, ed infatti, è “innegabile che la piattaforma sociale Facebook (disponibile in oltre 70 lingue, che già nel 2008 contava più di 100 milioni di utenti) rappresenti una sorta di piazza immateriale che consente un numero indeterminato di accessi e visioni, rese possibili da una evoluzione scientifica che il Legislatore non era arrivato ad immaginare”. Insomma, si deve far ricorso all’interpretazione estensiva “che la lettera della legge non impedisce di escludere dalla nozione di luogo e che, a fronte della rivoluzione portata alle forme di aggregazione e alle tradizionali nozioni di comunità sociale, la sua ratio impone, anzi, di considerare”.
Ad avviso della Cassazione il saluto “romano” e l’intonazione del coro “presente” integrano il reato di cui all’art. 5 della Legge 20 giugno 1952, n. 645; si legge in Cassazione Penale, Sez. I, 12 settembre 2014, n. 37577, che l’esigenza di tutela delle istituzioni democratiche, infatti, non può certo dirsi erosa dal decorso del tempo e frequenti risultano gli episodi ove sono riconoscibili rigurgiti di intolleranza ai valori dialettici della democrazia e al rispetto dei diritti delle minoranze etniche e religiose.
La Cassazione civile (sez. VI, sent. n. 18812 del 5 Settembre 2014) ha statuito che in caso di mancate cautele nella notifca di un atto sensibile da parte del Comune sussiste responsabilità per i danni cagionati per effetto del trattamento illegittimo dei dati personali ai sensi dell’art. 2050 c.c., cioè ai sensi della norma del codice civile sulla responsabilità per l’esercizio di attività pericolose. Ed infatti, nel caso concreto posto alla sua attenzione la condotta notificatoria dell’Ente non si è affatto concretata nell’aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno ai sensi dell’art. 2050 c.c. Ciò, per l’assorbente ragione che la cautela da osservarsi dal Comune, quale titolare del trattamento di dati personali, nella gestione della pratica amministrativa in relazione al contenuto della violazione contestata, gli imponeva, alla stregua direttamente dell’art. 2050 c.c., di esperire anche, prima di ricorrere ai messi, la notificazione al domicilio eletto.
L’originale sentenza della Corte di cassazione (Sez. prima civile dell’ 11 settembre 2014, n. 19161) ha statuito l’acquirente non è obbligato ad accettare il sistema operativo preinstallato nel computer dal produttore, ed anzi può chiedere il rimborso del suo valore laddove decida di non utilizzarlo; ed infatti, “Chi acquista un computer sul quale sia stato preinstallato dal produttore un determinato software di funzionamento (sistema operativo) ha il diritto, qualora non intenda accettare le condizioni della licenza d’uso del software propostegli al primo avvio del computer, di trattenere quest’ ultimo restituendo il solo software oggetto della licenza non accettata, a fronte del rimborso della parte di prezzo ad esso specificamente riferibile“.
In caso contrario, infatti, si avrebbero “riflessi a cascata in ordine all’imposizione sul mercato di ulteriore software applicativo la cui diffusione presso i clienti finali troverebbe forte stimolo e condizionamento, se non vera e propria necessità, in più o meno intensi vincoli di compatibilità ed interoperabilità (che potremo questa volta definire ‘tecnologici ad effetto commerciale’) con quel sistema operativo, almeno tendenzialmente monopolista“; la detta dinamica peraltro è stata “fatta oggetto sotto vari profili di interventi restrittivi e sanzionatori da parte degli organismi antritust Usa e della stessa Commissione Ue”.
La Cassazione (sezione prima civile, 9 luglio 2014, n. 15609) interviene sulla risacibilità del danno morale a favore della srl per indebita segnalazione alla Centrale dei Rischi:
… In particolare dice la Corte, ai fini dell’obbligo di segnalazione che incombe sulle banche, il credito può essere considerato in sofferenza allorché sia vantato nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente o che versino in situazioni sostanzialmente equiparabili, nozione che non si identifica con quella dell’insolvenza fallimentare, dovendosi far riferimento ad una valutazione negativa della situazione patrimoniale, apprezzabile come “grave difficoltà economica” (Cass., 10 ottobre 2013, n. 23093 e 12 ottobre 2007, n. 21428) …. Infatti, la segnalazione di una posizione in sofferenza non può scaturire dal mero ritardo nel pagamento del debito o dal volontario inadempimento, ma deve essere determinata dal riscontro di una situazione patrimoniale deficitaria, caratterizzata da una grave e non transitoria difficoltà economica equiparabile, anche se non coincidente, con la condizione d’insolvenza (Cass. 1° aprile 2009, n. 7958).
Su queste premesse diviene risarcibile il danno da erronea segnlazione anche per la srl, ed infatti, anche nei confronti dell’ente collettivo è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale, intesa come qualsiasi conseguenza pregiudizievole di un illecito che, non prestandosi ad una valutazione monetaria basata su criteri di mercato, non possa essere oggetto di risarcimento ma di riparazione: allorquando, cioè, il fatto lesivo incida su di una situazione giuridica dell’ente che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla costituzione (Cass. 1° ottobre 2013, n. 22396; 12 dicembre 2008, n. 29185; 4 giugno 2007, n. 12929).
Condivisibilmente la Cassazione, sez. VI Penale, 2 settembre 2014, n. 36641, ha sancito il principio corretto in base al quale in presenza di opposzione all’archiviazione il GIP non possa de plano dichiarare l’inammissibilità dell’opposizione anticipando un giudizio sulle indagini suppletive proposte:
Ed infatti: “Secondo un condivisibile indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte (Sez. 5, n. 34152 del 22/09/2006, dep. 12/10/2006, Rv. 235204; Sez. 6, n. 19808 del 13/02/2009, dep. 09/05/2009, Rv. 243852; Sez. 6, n. 35787 del 10/07/2012, dep. 18/09/2012, Rv. 253349), deve ritenersi illegittimo il decreto con cui il giudice per le indagini preliminari – investito dell’opposizione della persona offesa – ne dichiari l’inammissibilità ritenendo superflue o, comunque, inutili le investigazioni suppletive a fronte dei risultati probatori già acquisiti, in quanto siffatta declaratoria comporta un’anticipazione del giudizio sulla capacità dimostrativa degli elementi indicati e sulla infondatezza della notizia di reato, inibitogli “de plano” in costanza di opposizione. Infatti, ai fini della delibazione di ammissibilità, il giudice può valutare – oltre agli aspetti strettamente formali, quali la tempestività e ritualità dell’opposizione – solamente la specificità e la pertinenza della richiesta investigativa, con riferimento sia al tema che alla fonte di prova, nonché il carattere suppletivo rispetto alle risultanze dell’attività compiuta nel corso delle indagini preliminari, ma non ne può valutare anche la rilevanza, intesa quale valutazione prognostica sulla capacità dimostrativa del risultato, che va affrontata in sede di udienza camerale….
… Nel caso in esame, invero, il G.i.p. ha escluso la necessità degli incombenti relativi alla fissazione dell’udienza camerale, muovendo dal presupposto della inammissibilità dell’opposizione, dichiarata sulla base di una generica valutazione di inconferenza e irrilevanza delle richieste istruttorie ivi indicate, a fronte delle già acquisite risultanze investigative. In tal modo è stato anticipato, tuttavia, proprio quel giudizio sulla capacità dimostrativa degli elementi indicati e sulla infondatezza della notizia di reato che è al Giudice inibito “de plano” in costanza d’opposizione.
Nel decreto impugnato, inoltre, si esprime un vaglio delibativo, sia pur sommario, di insussistenza del fatto ipotizzato, senza considerare che il provvedimento assunto “de plano” nonostante l’opposizione della persona offesa è illegittimo qualora, invece di delibare sull’ammissibilità dell’opposizione nei termini sopra indicati, esso contenga una valutazione sul merito della richiesta del P.M. in ordine alla fondatezza dell’accusa (da ultimo, v. Sez. 3, n. 24536 del 20/03/2013, dep. 05/06/2013, Rv. 255457)“.
In tema di occupazione ed invasione di terreni ed immobili la Cassazione tratteggia l’elemento oggettivo e soggettivo del reato prendendo spunto da un caso irpino:
Va ribadito che l’integrazione della fattispecie criminosa di invasione di terreni od edifici implica che la permanenza sull’altrui bene immobile si protragga nel tempo per una durata apprezzabile, ancorchè non sia necessario che l’agente rimanga stabilmente su di essi, purchè la condotta risulti effettivamente rivolta all’occupazione dell’immobile ovvero a trame in altro modo profitto (Cass. Sez. 2^, 8.2.2011 n. 11544; v. anche Cass. Sez. 2^, 10.9.1970 n. 2253). Va certo confermato che in tema di invasione di terreni o edifici, la norma di cui all’art. 633 c.p., comprende nella sua tutela non solo la proprietà, ma anche il possesso dei terreni e degli edifici, essendo diretta a salvaguardare quel rapporto di fatto che viene esercitato sugli immobili sia dal proprietario che da terzi. Infatti, con il termine “altrui” la norma medesima ha inteso tutelare non solo il diritto di proprietà, ma anche ogni altro rapporto con l’immobile di soggetto diverso dal proprietario, ma interessato allo stesso modo alla libertà e integrità del bene (Cass. Sez. 2^, 25.11.2005-7.2.2006 n. 4823).
Tuttavia, una volta verificata l’oggettiva invasione, occorre procedere al successivo accertamento della sussistenza dell’elemento soggettivo di natura dolosa. Sotto questo profilo l’indagine, anche in riferimento al delitto di danneggiamento di cui al capo B, deve muovere da una verifica sul piano probatorio, perchè nel caso in esame risulta che gli imputati non sono gli esecutori materiali delle operazioni di sbancamento e scavo. Occorre quindi che si proceda alla verifica della volontarietà dell’apporto di ciascuno dei concorrenti alla condotta posta in essere dall’autore materiale, con rappresentazione dell’evento che ne è conseguito (cfr. Cass. Sez. 5^, 23.3.2011 n. 16388; Cass. Sez. 5^, 26.5.2011 n. 36135).
La sentenza deve quindi essere annullata con rinvio al Giudice di pace di Avellino che, nella piena libertà di valutazione propria del giudice di merito, proceda a nuovo giudizio colmando i rilevati vuoti motivazionali, attenendosi ai principi di diritto enunciati.
così Cass.pen., sez. II, 6 giugno 2014