L‘amministratore di condominio non è esonerato da responsabilità penali nemmeno se l’assemblea dei condomini gli chiede espressamente di non procedere con l’analisi delle acque o con gli adempimenti previsti dalla legge.
Ecco perché:
Obblighi derivanti dalla legge, non dalla volontà dell’assemblea
L’obbligo di garantire la salubrità dell’acqua potabile discende direttamente dal Decreto Legislativo n. 18/2023, che recepisce la direttiva UE 2020/2184.
Gli obblighi sono imposti in capo al “gestore della distribuzione interna”, ossia l’amministratore, che ha una responsabilità diretta e personale, anche di tipo penale, in caso di negligenza o omissione.
Responsabilità penale è personale e non delegabile
In diritto penale vige il principio della personalità della responsabilità penale: un comportamento contrario alla legge non può essere giustificato dal consenso di terzi (in questo caso, i condomini).
Possibili reati in caso di omessa analisi
Se l’acqua risulta contaminata o insalubre e l’amministratore ha omesso i controlli, potrebbe configurarsi, ad esempio:
-
- il reato di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.), se ci sono danni alla salute,
- l’omessa denuncia di situazioni di pericolo per la salute pubblica,
- violazione di norme in materia di igiene e sicurezza.
I condomini non possono deliberare in contrasto con norme imperative
Una delibera assembleare che imponga all’amministratore di non rispettare la legge è nullo o comunque inefficace, perché contrasta con norme imperative poste a tutela della salute pubblica (art. 1418 c.c.).
In sintesi: L’amministratore è tenuto a eseguire le analisi e gestire il rischio, anche contro la volontà dei condomini.
Una delibera contraria non lo libera da responsabilità e, anzi, potrebbe essere usata contro di lui in caso di problemi. Se i condomini insistono, l’amministratore dovrebbe formalizzare il dissenso e procedere comunque, tutelando sé stesso e i residenti.