il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore

Cass., sez. Lav., 4 febbraio 2013, n. 2512 :

…Si è, infatti, affermato (Cass. Sez. Lav. n. 1994 del 13/2/2012) che “il datore di lavoro, in caso di violazione delle norme poste a tutela dell’integrità fisica del lavoratore, è interamente responsabile dell’infortunio che ne sia conseguito e non può invocare il concorso di colpa del danneggiato, avendo egli il dovere di proteggere l’incolumità di quest’ultimo nonostante la sua imprudenza o negligenza; pertanto, la condotta imprudente del lavoratore attuativa di uno specifico ordine di servizio, integrando una modalità dell’iter produttivo del danno imposta dal regime di subordinazione, va addebitata al datore di lavoro, il quale, con l’ordine di eseguire un’incombenza lavorativa pericolosa, determina l’unico efficiente fattore causale dell’evento dannoso”.

Si è, altresì, statuito (Cass. sez. lav. n. 4656 del 25/2/2011) che “le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l’imprenditore, all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l’esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento, essendo necessaria, a tal fine, una rigorosa dimostrazione dell’indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro, e, con essa, dell’estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere”.
Orbene, nella fattispecie l’indagine compiuta dalla Corte di merito in maniera esente da vizi di natura logico-giuridica ha consentito di accertare, al contrario di quanto sostenuto dalla ricorrente, non solo la responsabilità di quest’ultima in ordine al grave infortunio occorso al lavoratore, per effetto del quale il medesimo subì la perdita di un occhio, ma anche un concorso di colpa del preposto B. , per cui se ne deduce che correttamente i giudici d’appello sono giunti alla conclusione che nessun elemento di colpa era ravvisabile nel comportamento del lavoratore in merito alla produzione dell’evento lesivo verificatosi in suo danno, dal momento che questi non aveva fatto altro che ubbidire a precise direttive datoriali tramite gli ordini del preposto B…

…Quanto al secondo rilievo, concernente la dedotta questione del divieto di cumulo degli accessori, si osserva che questa Corte ha già chiarito (Cass. Sez. Lav. n. 14507 dell’1/7/2011) che “la domanda proposta dal lavoratore contro il datore di lavoro volta a conseguire il risarcimento del danno sofferto per la mancata adozione, da parte dello stesso datore, delle misure previste dall’art. 2087 cod. civ., non ha natura previdenziale perché non si fonda sul rapporto assicurativo configurato dalla normativa in materia, ma si ricollega direttamente al rapporto di lavoro, dando luogo ad una controversia di lavoro disciplinata quanto agli accessori del credito dal secondo comma dell’art. 429 cod. proc. civ.. Ne consegue che non opera il divieto di cumulo di interessi e rivalutazione stabilito per i crediti previdenziali dall’ari 16, sesto comma, della legge n. 412 del 1991″. (conforme a Cass. Sez. Lav. n. 3213 del 18/2/2004)…

il genitore del disabile ha diritto al risarcimento danni da mancata corresponsione del servizio comunale

…in effetti, non si può non ritenere che il genitore di un figlio disabile al quale venga negata l’erogazione di un servizio assistenziale previsto dalla legge solo per ragioni burocratiche e che sia per questo costretto a prestare personalmente l’assistenza non subisca un pregiudizio a livello psicologico e morale, sia per lo stress legato alla necessità di adeguare le proprie attività lavorative e personali alla mutata situazione – e nella specie va tenuto presente che la sig.ra M. è madre di sei figli – sia per la sensazione di avere subito una profonda ingiustizia, tanto più ingiustificata e inaccettabile in quanto colpisce un figlio che versa in situazione di disabilità.
E anche con riguardo ai danni materiali di cui si chiede il ristoro può ritenersi raggiunta la prova circa la sussistenza del nesso causale, non essendo fra l’altro contestabile che per accompagnare la figlia a scuola la ricorrente ha dovuto utilizzare la propria autovettura ed ha dovuto compiere un tragitto aggiuntivo.
Ad identica conclusione deve pervenirsi con riguardo al danno indicato al precedente punto 2, let. a), visto che il Comune non ha contestato l’affermazione secondo cui durante la fruizione del congedo straordinario non maturano né le ferie, né la tredicesima e né il TFR. A tal proposito non si comprendono i rilievi della difesa del Comune circa il fatto che la ricorrente avrebbe fruito del congedo straordinario anche dopo l’attivazione del servizio. Se anche questo corrispondesse al vero, nella documentazione allegata alla memoria notificata del 10/10/2012 i 223 giorni di congedo straordinario risultano fruiti alla data dell’11/6/2011 (quindi in data addirittura antecedente a quella di pubblicazione della sentenza n. 684/2011)…

T.A.R. Marche – Ancona, Sezione I, 11 gennaio 2013, n. 23

danno da mancato rilascio dell’immobile locato: il maggior danno si prova anche presuntivamente!

…Va infatti posto in rilievo, in linea di principio, che la responsabilità del conduttore a norma dell’art. 1591 c.c., per ritardata restituzione dell’immobile locato ha natura contrattuale con la conseguenza che il locatore, in applicazione del principio dettato dall’art. 1218 c.c. deve provare il danno derivatogli dalla ritardata restituzione con l’ulteriore effetto che per il c.d.maggior danno è il locatore a dovere fornire la prova della lesione del suo patrimonio, consistente nel non avere potuto dare in locazione il bene per un canone più elevato o nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo più vantaggioso o nella perdita di altre analoghe situazioni vantaggiose.
Questa prova deve avere il carattere della rigorosità sia in ordine alla sua sussistenza che al suo concreto ammontare sul presupposto che l’obbligo risarcitorio non sorge anteriormente in base al valore locativo presumibilmente riconoscibile dall’astratta configurabilità dell’ipotesi di locazione o vendita del bene, ma va accertato in relazione alle concrete condizioni e caratteristiche dell’immobile stesso, alla sua ubicazione, alla sua possibilità di utilizzo, onde fare emergere il verificarsi di una lesione patrimoniale effettiva e reale nel patrimonio del locatore, dimostrabile attraverso la prova di ben precise proposte di locazione o di acquisto ovvero di altre concrete offerte di utilizzazione. Tuttavia, se non è sufficiente che il locatore si limiti a dedurre che il bene locato era suscettibile di impiego tale da garantirgli un risultato economico migliore rispetto al canone originariamente e non corrisposto, per cui ha ottenuto la risoluzione del contratto stipulato con il conduttore (v. per quanto valga Cass. n. 10485/01 e puntuale Cass. n. 13294/02), la richiesta del maggior danno da parte del locatore medesimo per la mancata disponibilità del bene può essere provata secondo le regole ordinarie e, quindi, anche con presunzioni, avendo presente che la carenza di specifiche proposte di locazione relative a quell’immobile è obiettivamente giustificabile i proprio alla luce della persistente occupazione del bene da parte del conduttore, successivamente alla scadenza del rapporto (Cass. n. 1372/12)…

Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-10-2012, n. 18499

l’organizzatore e il venditore di pacchetti turistici sono responsabili anche della condotta colposa del terzo prestatore

   
Cass. civ. Sez. III, Sent., 11-12-2012, n. 22619  

…l’organizzatore e il venditore di pacchetti turistici, la cui rispettiva obbligazione è senz’altro di risultato (v. Cass., 3/12/2009, n. 25396; Cass., 9/11/2004, n. 21343), sono tenuti all’adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili, in relazione alla natura della rispettiva attività esercitata, volto all’adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento dell’interesse creditorio del turista-consumatore di pacchetti turistici, nonchè ad evitare possibili eventi dannosi.

In caso di mancato o inesatto adempimento delle prestazioni oggetto del c.d. pacchetto turistico o package, sono pertanto tenuti a dare la prova che il risultato “anomalo” o anormale rispetto al convenuto esito della propria prestazione professionale, e quindi dello scostamento da una legge di regolarità causale fondata sull’esperienza, dipende da fatto ad essi non imputabile, in quanto non ascrivibile alla condotta mantenuta in conformità alla diligenza dovuta, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto.

E laddove tale prova non riescano a dare, secondo la regola generale ex artt. 1218 e 2697 c.c. i medesimi rimangono soccombenti.

Va posto d’altro canto in rilievo che ai sensi del D.Lgs. n. 111 del 1995, artt. 14 ss. l’organizzatore e il venditore di pacchetti turistici sono tenuti a risarcire qualsiasi danno subito dal consumatore a causa della fruizione del pacchetto turistico, anche se la responsabilità sia ascrivibile esclusivamente ad altro prestatore di servizi, salvo il diritto di rivalersi nei confronti di costui (v., con riferimento al vettore, Cass., 10/9/2010, n. 19283; Cass., 29/2/2008, n. 5531).

Come sottolineato anche in dottrina, nel superare i distinguo previsti con riferimento al contratto di organizzazione o di intermediazione di viaggio (CCV) di cui alla Convenzione di Bruxelles del 23 dicembre 1970, ai sensi dell’art. 5 Direttiva n. 90/314/CEE e D.Lgs. n. 111 del 1995, artt. 14 ss. l’organizzatore e il venditore di pacchetti turistici rispondono per il mancato o inesatto adempimento sia delle prestazioni direttamente eseguite che di quelle effettuate da prestatori di servizi della cui opera comunque si avvalgano per l’adempimento della prestazione da essi dovuta.

Trattasi di responsabilità la cui fonte riposa nella regola generale di cui agli artt. 1228 e 2049 c.c., in base alla quale il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro (v. Cass., 24/5/2006, n. 12362; Cass., 4/3/2004, n. 4400; Cass., 8/1/1999, n. 103), ancorchè non siano alle sue dipendenze (v. Cass., 21/2/1998, n. 1883; Cass., 20/4/1989, n. 1855).

La responsabilità per fatto dell’ausiliario (e del preposto) prescinde infatti dalla sussistenza di un contratto di lavoro subordinato, essendo irrilevante la natura del rapporto tra i medesimi sussistente ai fini considerati, fondamentale rilevanza viceversa assumendo la circostanza che dell’opera del terzo il debitore comunque si avvalga nell’attuazione della sua obbligazione, ponendo la medesima a disposizione del creditore (v., da ultimo, con riferimento a diversa fattispecie, Cass., 26/5/2011, n. 11590), sicchè la stessa risulti a tale stregua inserita nel procedimento esecutivo del rapporto obbligatorio.

La responsabilità che dall’esplicazione dell’attività di tale terzo direttamente consegue in capo all’organizzatore e al venditore di un pacchetto turistico riposa allora sul principio cuius commoda eius et incommoda, o, più precisamente, dell’appropriazione o avvalimento dell’attività altrui per l’adempimento della propria obbligazione, comportante l’assunzione del rischio per i danni che al creditore ne derivino.

Nè, al fine di considerare interrotto il rapporto in base al quale l’organizzatore o venditore di un pacchetto turistico è chiamato a rispondere, vale distinguere tra comportamento colposo e comportamento doloso del soggetto agente (che della responsabilità del primo costituisce il presupposto), essendo al riguardo sufficiente (in base a principio che trova applicazione sia nella responsabilità contrattuale che in quella extracontrattuale) la mera occasionalità necessaria (v. Cass., 17/5/2001, n. 6756; Cass., 15/2/2000, n. 1682).

Il debitore risponde quindi direttamente di tutte le ingerenze dannose che al dipendente o al terzo preposto della cui opera comunque si avvale sono rese possibili dalla posizione conferitagli rispetto al creditore/danneggiato, e cioè dei danni che può arrecare in ragione di quel particolare contatto cui si espone nei suoi confronti il creditore (nel caso, turista-consumatore di pacchetto turistico).

Diversamente che per la suindicata disciplina relativa al contratto di organizzazione o di intermediazione di viaggio (CCV) di cui alla Convenzione di Bruxelles del 23 dicembre 1970 (cfr. Cass., 27/6/2007, n. 14837; Cass., 27/10/2004, n. 20787; Cass., 24/5/1997, n. 4636; Cass., 6/11/1996, n. 9643), la responsabilità dell’organizzatore e del venditore di pacchetti turistici trova allora fondamento non già nella colpa nella scelta degli ausiliari o nella vigilanza (giusta differente modello di responsabilità, proprio di altre esperienze, invero non accolto in termini generali nel nostro ordinamento) bensì nel rischio connaturato all’utilizzazione dei terzi nell’adempimento dell’obbligazione (cfr., con riferimento a diversi ambiti professionali, Cass., 13/4/2007 Cass., 17/5/2001, n. 6756; Cass., 30/12/1971, n. 3776. V. anche Cass., 4/4/2003, n. 5329), fondamentale rilevanza assumendo -come detto- la circostanza che dell’opera del terzo essi comunque si avvalgano nell’attuazione della prestazione dovuta.

Il tour operator è pertanto direttamente responsabile allorquando l’evento dannoso risulti come nella specie da ascriversi alla condotta colposa del terzo prestatore (nel caso, conducente di taxi) della cui attività comunque si sia avvalso, essendo tenuto al risarcimento dei danni sofferti dal turista-consumatore di pacchetto turistico in conseguenza della medesima, salvo in ogni caso il suo diritto di rivalsa nei confronti del prestatore medesimo (D.Lgs. n. 111 del 1995, art. 14, comma 2)…

il Giudice di Pace di Avellino condanna Easyjet

l’evento eccezionale anche se scusante della responsabilità della convenuta per la cancellazione del volo non giustifica il suo comportamento tenuto nei confronti dei viaggiatori nelle ore successive alla cancellazione del volo. Infatti la convenuta non ha dato alcuna prova di aver prestato assistenza e dato informazioni nel lasso di tempo intercorrente tra la cancellazione del volo e l’ora fissata per il volo stesso, né successivamente….

…deve essere rilevato che la convenuta EasyJet, dopo la cancellazione del volo si è completamente disinteressata dei passeggeri e non ha dato nessuna assistenza agli stessi, né ha provveduto ad offrire le possibili alternative al volo cancellato, né ha rimborsato il biglietto per il volo nonostante la richiesta inviata alla stessa…

Giudice di Pace di Avellino, sent. 592/2012 del 21.3.2012

scarica la sentenza in pdf a http://www.studiolegaledesia.com/wp-content/uploads/2012/11/easyjetsentenza.pdf

 

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http://www.retesei.com/2012/41595.html

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http://lunaset33.streamcaster.it/news/34479/niente-volo-per-eruzione-vulcano-islandese-risarciti-irpini

http://www.ottopagine.net/common/interna.aspx?id=27121

http://www.ilciriaco.it/attualita/news/?news=19796

http://www.corriereirpinia.it/default.php?id=7&art_id=21095

la sentenza emessa dal Giudice di Pace civile avellinese nel “caso Granbazaar”

in allegato la sentenza emessa dal Giudice di Pace civile avellinese nel “caso Granbazaar”. 

La pronuncia è una delle primissime affermazioni giurisprudenziali, a livello nazionale, dell’inadempimento della società di vendite online; e sacramenta – finalmente in un provvedimento giudiziale – la condotta illecita della società.

scaricala

a questa sono seguite altre decisioni conformi del giudice di pace avellinese

 

risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa

In tema di risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa, nel caso in cui l’articolo giornalistico riporti il contenuto di uno scritto anonimo offensivo dell’altrui reputazione, l’applicazione dell’esimente del diritto di cronaca (art. 51 cod. pen.) presuppone la prova, da parte dell’autore dell’articolo, della verità  reale o putativa dei fatti riportati nello scritto stesso (non della mera verità  dell’esistenza della fonte anonima); con la conseguenza che, laddove siffatta prova non possa essere fornita, proprio in ragione del carattere anonimo dello scritto, la menzionata esimente non può essere applicata, anche per la carenza del requisito dell’interesse pubblico alla diffusione della notizia, Cass. civ. n. 11004 del 19 maggio 2011

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