il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore

Cass., Sez.Lav., 10 gennaio 2013, n. 536:

…E’ principio consolido di questa Corte che le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l’imprenditore, all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare, invece, l’esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo “tipico” ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento (cfr., fra le altre, Cass. 24 marzo 2004 n. 5920; Cass. 8 marzo 2006 n. 4980; Cass. 23 aprile 2009 n. 9689; Cass. 10 settembre 2009 n. 19494; Cass. 25 febbraio 2011 n. 4656).
E’ altresì pacifico che il dovere di sicurezza a carico del datore di lavoro a norma dell’art. 2087 cod. civ., si atteggia in maniera particolarmente intensa nei confronti dei lavoratori di giovane età e professionalmente inesperti, esaltandosi in presenza di apprendisti nei cui confronti la legge pone precisi obblighi di formazione e addestramento, senza che in contrario possa assumere rilievo l’imprudenza dell’infortunato nell’assumere un’iniziativa di collaborazione nel cui ambito l’infortunio si sia verificato (cfr. Cass. 18 maggio 2007 n. 11622; Cass. 24 gennaio 2012 n. 944 e, in precedenza, Cass. 12 gennaio 2002 n. 326; Cass. 2 ottobre 1998 n. 9805).

spetta al Datore di lavoro sia adottare le idonee misure protettive sia vigilare sull’uso da parte del dipendente

….E’ principio consolido di questa Corte che le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l’insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l’imprenditore, all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare, invece, l’esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo “tipico” ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento (cfr., fra le altre, Cass. 24 marzo 2004 n. 5920; Cass. 8 marzo 2006 n. 4980; Cass. 23 aprile 2009 n. 9689; Cass. 10 settembre 2009 n. 19494; Cass. 25 febbraio 2011 n. 4656).

E’ altresì pacifico che il dovere di sicurezza a carico del datore di lavoro a norma dell’art. 2087 cod. civ., si atteggia in maniera particolarmente intensa nei confronti dei lavoratori di giovane età e professionalmente inesperti, esaltandosi in presenza di apprendisti nei cui confronti la legge pone precisi obblighi di formazione e addestramento, senza che in contrario possa assumere rilievo l’imprudenza dell’infortunato nell’assumere un’iniziativa di collaborazione nel cui ambito l’infortunio si sia verificato (cfr. Cass. 18 maggio 2007 n. 11622; Cass. 24 gennaio 2012 n. 944 e, in precedenza, Cass. 12 gennaio 2002 n. 326; Cass. 2 ottobre 1998 n. 9805)…

Cass., Sez. Lavoro, 10 Gennaio 2013, n. 536.

trasferire beni su società controllata è comunque bancarotta per distrazione

… secondo la giurisprudenza di questa Corte, “il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione sussiste anche nel caso di imprese collegate tra loro, qualora gli atti di disposizione patrimoniale, privi di seria contropartita, siano eseguiti a favore di una società del medesimo gruppo, poichè il collegamento societario ha natura meramente economica e non scalfisce il principio di autonomia della singola persona giuridica” (Cass., sez. 5, 1 luglio 2002, Arienti, m. 222387, Cass., sez. 5, 14 dicembre 1999, Tonduti, m. 215668, Cass., sez. 5, 9 marzo 1999, Spinelli, m. 213116, Cass., sez. 5, 17 marzo 1995, Degli Antoni, m. 201318). Si è ritenuto in particolare che “la diversità degli interessi tutelati dalla legge penale fallimentare e dalla nuova disciplina dei reati societari, introdotta dal D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61, impedisce che alla materia fallimentare possa applicarsi la norma prevista dall’art. 2634 c.c., comma 3, secondo cui non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall’appartenenza allo stesso gruppo societario” (Cass., sez. 5, 5 giugno 2003, Longo, m. 227149). Sicchè “integra la distrazione rilevante, ex art. 216 e art. 223, comma 1, legge fallimentare (bancarotta fraudolenta impropria) la condotta di colui che trasferisca, senza alcuna contropartita economica, beni di una società in difficoltà economiche – di cui sia socio ed effettivo gestore – ad altra del medesimo gruppo in analoghe difficoltà, considerato che, in tal caso, nessuna prognosi positiva è possibile e che, pur a seguito dell’introduzione nel vigente ordinamento dell’art. 2634 c.c., comma 3, la presenza di un gruppo societario non legittima per ciò solo qualsivoglia condotta di asservimento di una società all’interesse delle altre società del gruppo, dovendosi, per contro, ritenere che l’autonomia soggettiva e patrimoniale che contraddistingue ogni singola società imponga all’amministratore di perseguire prioritariamente l’interesse della specifica società cui sia preposto e, pertanto, di non sacrificarne l’interesse in nome di un diverso interesse, ancorchè riconducibile a quello di chi sia collocato al vertice del gruppo, che non procurerebbe alcun effetto a favore dei terzi creditori dell’organismo impoverito” (Cass., sez. 5, 8 novembre 2007, Belleri, m. 239108, Cass., sez. 5, 4 dicembre 2007, Spedicati, m. 238237). Leggi tutto “trasferire beni su società controllata è comunque bancarotta per distrazione”

è estorsione esercitare azioni legali pretestuose !

ad avviso di Cass. pen., Sez. II, Sent., 29/11/2012 dep. 17/12/2012, n. 48733:

…Come è noto, la minaccia necessaria per integrare gli estremi dell’estorsione (o della tentata estorsione) consiste nella prospettazione di un male futuro e ingiusto, la cui verificazione dipende dalla volontà dell’agente. Secondo la previsione normativa, la condotta minacciosa deve causare un doppio evento, ossia la coartazione della volontà della vittima e la disposizione patrimoniale. L’esercizio di un diritto, o la minaccia di esercitarlo – quali indubbiamente sono il concreto esercizio di un’azione giudiziaria o esecutiva o anche la minaccia di tali iniziative – non presentano, di per sè, i caratteri della minaccia necessaria per l’astratta configurabilità del delitto di estorsione: infatti, pur ponendo il soggetto passivo nella condizione di subire un pregiudizio dei propri interessi, le suddette condotte sono esclusivamente dirette alla legittima realizzazione di un diritto proprio dell’agente. Leggi tutto “è estorsione esercitare azioni legali pretestuose !”

l’accordo prematrimoniale sulle sorti dell’abitazione

Cass.civ., sez. I, 14 novembre 2012 (dep. 21 dicembre 2012), n. 23713

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 14 dicembre 2005 il Tribunale di Macerata dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra P.M. e O.L.; affidava alla madre i figli minori, ponendo a carico del padre un contributo periodico al loro mantenimento; rigettava altresì la domanda riconvenzionale dell’O., volta ad ottenere sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. per la esecuzione in forma specifica dell’impegno assunto, con scrittura privata, della P., prima del matrimonio, di trasferire all’O. stesso la proprietà di immobile, in caso di ‘‘fallimento’’ del matrimonio stesso.
Avverso tale sentenza, proponeva appello l’O., limitando il gravame alla questione della validità ed eseguibilità del predetto impegno, assunto dalla moglie. Costituitasi, la P. chiedeva rigettarsi l’appello. La Corte di Appello di Ancona, con sentenza in data 28/02/2007 – 14/03/2007, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Macerata, dichiarava valido ed efficace, nei confronti dell’O., il predetto impegno negoziale della P., omettendo peraltro pronuncia ex art. 2932 c.c., ed invitando la parte interessata ad attivarsi, al riguardo, in separata sede.
Ricorre per cassazione la P.
Non svolge attività difensiva l’O. Leggi tutto “l’accordo prematrimoniale sulle sorti dell’abitazione”

ABUSIVO ESERCIZIO PROFESSIONE DI PSICOLOGO E PSICOTERAPEUTA

Tribunale di Salerno, Sezione distaccata di Cava de’ Tirreni, 19 febbraio 2009, Giud. Riccardi, Imp. Bove

DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – DELITTI DEI PRIVATI CONTRO LA P.A. – ABUSIVO ESERCIZIO DI UNA PROFESSIONE – PROFESSIONE DI PSICOLOGO E PSICOTERAPEUTA – ELEMENTO OGGETTIVO DEL REATO – CONDOTTA.

Sussiste il delitto di esercizio abusivo della la professione di psicologo e psicoterapeuta allorquando l’agente non soltanto millanti l’inesistente qualifica ma, altresì, pratichi concretamente l’attività di psicoterapia nei confronti di ignari pazienti. La condotta delittuosa consiste nell’adoperare le tecniche tipiche della psicoterapia – dalle impostazioni più strettamente espressive, dirette all’introspezione ed alla comprensione dell’Io profondo, alle impostazioni più supportive, dirette al sostegno dell’Io cosciente, anche mediante coinvolgimento in attività ricreative –, abusando del proprio ruolo, ed anche della propria esperienza empirica, per praticare attività che sono riservate agli psicologi ed agli psicoterapeuti.

In particolare, ciò che connota l’attività di psicoterapia sono essenzialmente il ‘fine di guarire’, lo scopo terapeutico ed i metodi adoperati, consistenti soprattutto nelle forme del ‘colloquio’; in sostanza, commette il reato di esercizio abusivo della professione medica chiunque esprima giudizi diagnostici e consigli, ed appresti le cure al malato. Da tale condotta non è esclusa la psicoterapia, giacché la professione in parola è caratterizzata dal fine di guarire e non già dai mezzi scientifici adoperati; e l’attività di dialogo con i propri clienti, volta a chiarire gli eventuali disturbi di natura psicologica ed anche a fornire consigli, svolta da un pranoterapeuta, prima della fase della “seduta” relativa alla pranoterapia, costituisce un’attività di diagnosi e di terapia .

DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – DELITTI DEI PRIVATI CONTRO LA P.A. – ABUSIVO ESERCIZIO DI UNA PROFESSIONE – PROFESSIONE DI PSICOLOGO E PSICOTERAPEUTA – ELEMENTO SOGGETTIVO DEL REATO – DOLO.

Sussiste il dolo della fattispecie del delitto di esercizio abusivo della professione di psicologo e psicoterapeuta allorquando l’agente abbia conoscenza dei problemi di natura psicologica vissuti dall’ignaro paziente, e, conoscendo (o dovendo conoscere) i confini della sua professione (nel caso di specie assistente sociale) non può ignorare che, nel prendere in cura un paziente con questo genere di problemi, entra inequivocabilmente, e senza possibilità di dubbio anche soggettivo, nel campo riservato agli psicologi.

DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO – DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO COMMESSI MEDIANTE FRODE – TRUFFA – CONDOTTA CONSISTENTE NELLO SPACCIARSI MEDICO ESERCENTE L’ATTIVITÀ DI PSICOLOGO E PSICOTERAPEUTA.

Sussiste il reato di truffa di cui all’art. 640 c.p. allorquando il soggetto agente, nel recarsi al primo incontro presso la famiglia del malato di mente, si accrediti come medico e come psicoterapeuta, esperto in psicoterapia. Tale condotta, che è idonea a trarre in inganno il paziente ed i suoi familiari, ingenera nella vittima un falso affidamento sulle qualità e sulle qualifiche professionali dell’agente ed è ciò che induce la persona offesa a versamenti continui e cospicui di somme di denaro eccessive anche per qualsiasi forma di legittima psicoterapia.

Riferimenti normativi: articolo 348 c.p., articolo 640 c.p., legge 18 febbraio 1989, n. 56.

danno da mancato rilascio dell’immobile locato: il maggior danno si prova anche presuntivamente!

…Va infatti posto in rilievo, in linea di principio, che la responsabilità del conduttore a norma dell’art. 1591 c.c., per ritardata restituzione dell’immobile locato ha natura contrattuale con la conseguenza che il locatore, in applicazione del principio dettato dall’art. 1218 c.c. deve provare il danno derivatogli dalla ritardata restituzione con l’ulteriore effetto che per il c.d.maggior danno è il locatore a dovere fornire la prova della lesione del suo patrimonio, consistente nel non avere potuto dare in locazione il bene per un canone più elevato o nella perdita di occasioni di vendita ad un prezzo più vantaggioso o nella perdita di altre analoghe situazioni vantaggiose.
Questa prova deve avere il carattere della rigorosità sia in ordine alla sua sussistenza che al suo concreto ammontare sul presupposto che l’obbligo risarcitorio non sorge anteriormente in base al valore locativo presumibilmente riconoscibile dall’astratta configurabilità dell’ipotesi di locazione o vendita del bene, ma va accertato in relazione alle concrete condizioni e caratteristiche dell’immobile stesso, alla sua ubicazione, alla sua possibilità di utilizzo, onde fare emergere il verificarsi di una lesione patrimoniale effettiva e reale nel patrimonio del locatore, dimostrabile attraverso la prova di ben precise proposte di locazione o di acquisto ovvero di altre concrete offerte di utilizzazione. Tuttavia, se non è sufficiente che il locatore si limiti a dedurre che il bene locato era suscettibile di impiego tale da garantirgli un risultato economico migliore rispetto al canone originariamente e non corrisposto, per cui ha ottenuto la risoluzione del contratto stipulato con il conduttore (v. per quanto valga Cass. n. 10485/01 e puntuale Cass. n. 13294/02), la richiesta del maggior danno da parte del locatore medesimo per la mancata disponibilità del bene può essere provata secondo le regole ordinarie e, quindi, anche con presunzioni, avendo presente che la carenza di specifiche proposte di locazione relative a quell’immobile è obiettivamente giustificabile i proprio alla luce della persistente occupazione del bene da parte del conduttore, successivamente alla scadenza del rapporto (Cass. n. 1372/12)…

Cass. civ. Sez. III, Sent., 26-10-2012, n. 18499

l’organizzatore e il venditore di pacchetti turistici sono responsabili anche della condotta colposa del terzo prestatore

   
Cass. civ. Sez. III, Sent., 11-12-2012, n. 22619  

…l’organizzatore e il venditore di pacchetti turistici, la cui rispettiva obbligazione è senz’altro di risultato (v. Cass., 3/12/2009, n. 25396; Cass., 9/11/2004, n. 21343), sono tenuti all’adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili, in relazione alla natura della rispettiva attività esercitata, volto all’adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento dell’interesse creditorio del turista-consumatore di pacchetti turistici, nonchè ad evitare possibili eventi dannosi.

In caso di mancato o inesatto adempimento delle prestazioni oggetto del c.d. pacchetto turistico o package, sono pertanto tenuti a dare la prova che il risultato “anomalo” o anormale rispetto al convenuto esito della propria prestazione professionale, e quindi dello scostamento da una legge di regolarità causale fondata sull’esperienza, dipende da fatto ad essi non imputabile, in quanto non ascrivibile alla condotta mantenuta in conformità alla diligenza dovuta, in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto.

E laddove tale prova non riescano a dare, secondo la regola generale ex artt. 1218 e 2697 c.c. i medesimi rimangono soccombenti.

Va posto d’altro canto in rilievo che ai sensi del D.Lgs. n. 111 del 1995, artt. 14 ss. l’organizzatore e il venditore di pacchetti turistici sono tenuti a risarcire qualsiasi danno subito dal consumatore a causa della fruizione del pacchetto turistico, anche se la responsabilità sia ascrivibile esclusivamente ad altro prestatore di servizi, salvo il diritto di rivalersi nei confronti di costui (v., con riferimento al vettore, Cass., 10/9/2010, n. 19283; Cass., 29/2/2008, n. 5531).

Come sottolineato anche in dottrina, nel superare i distinguo previsti con riferimento al contratto di organizzazione o di intermediazione di viaggio (CCV) di cui alla Convenzione di Bruxelles del 23 dicembre 1970, ai sensi dell’art. 5 Direttiva n. 90/314/CEE e D.Lgs. n. 111 del 1995, artt. 14 ss. l’organizzatore e il venditore di pacchetti turistici rispondono per il mancato o inesatto adempimento sia delle prestazioni direttamente eseguite che di quelle effettuate da prestatori di servizi della cui opera comunque si avvalgano per l’adempimento della prestazione da essi dovuta.

Trattasi di responsabilità la cui fonte riposa nella regola generale di cui agli artt. 1228 e 2049 c.c., in base alla quale il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro (v. Cass., 24/5/2006, n. 12362; Cass., 4/3/2004, n. 4400; Cass., 8/1/1999, n. 103), ancorchè non siano alle sue dipendenze (v. Cass., 21/2/1998, n. 1883; Cass., 20/4/1989, n. 1855).

La responsabilità per fatto dell’ausiliario (e del preposto) prescinde infatti dalla sussistenza di un contratto di lavoro subordinato, essendo irrilevante la natura del rapporto tra i medesimi sussistente ai fini considerati, fondamentale rilevanza viceversa assumendo la circostanza che dell’opera del terzo il debitore comunque si avvalga nell’attuazione della sua obbligazione, ponendo la medesima a disposizione del creditore (v., da ultimo, con riferimento a diversa fattispecie, Cass., 26/5/2011, n. 11590), sicchè la stessa risulti a tale stregua inserita nel procedimento esecutivo del rapporto obbligatorio.

La responsabilità che dall’esplicazione dell’attività di tale terzo direttamente consegue in capo all’organizzatore e al venditore di un pacchetto turistico riposa allora sul principio cuius commoda eius et incommoda, o, più precisamente, dell’appropriazione o avvalimento dell’attività altrui per l’adempimento della propria obbligazione, comportante l’assunzione del rischio per i danni che al creditore ne derivino.

Nè, al fine di considerare interrotto il rapporto in base al quale l’organizzatore o venditore di un pacchetto turistico è chiamato a rispondere, vale distinguere tra comportamento colposo e comportamento doloso del soggetto agente (che della responsabilità del primo costituisce il presupposto), essendo al riguardo sufficiente (in base a principio che trova applicazione sia nella responsabilità contrattuale che in quella extracontrattuale) la mera occasionalità necessaria (v. Cass., 17/5/2001, n. 6756; Cass., 15/2/2000, n. 1682).

Il debitore risponde quindi direttamente di tutte le ingerenze dannose che al dipendente o al terzo preposto della cui opera comunque si avvale sono rese possibili dalla posizione conferitagli rispetto al creditore/danneggiato, e cioè dei danni che può arrecare in ragione di quel particolare contatto cui si espone nei suoi confronti il creditore (nel caso, turista-consumatore di pacchetto turistico).

Diversamente che per la suindicata disciplina relativa al contratto di organizzazione o di intermediazione di viaggio (CCV) di cui alla Convenzione di Bruxelles del 23 dicembre 1970 (cfr. Cass., 27/6/2007, n. 14837; Cass., 27/10/2004, n. 20787; Cass., 24/5/1997, n. 4636; Cass., 6/11/1996, n. 9643), la responsabilità dell’organizzatore e del venditore di pacchetti turistici trova allora fondamento non già nella colpa nella scelta degli ausiliari o nella vigilanza (giusta differente modello di responsabilità, proprio di altre esperienze, invero non accolto in termini generali nel nostro ordinamento) bensì nel rischio connaturato all’utilizzazione dei terzi nell’adempimento dell’obbligazione (cfr., con riferimento a diversi ambiti professionali, Cass., 13/4/2007 Cass., 17/5/2001, n. 6756; Cass., 30/12/1971, n. 3776. V. anche Cass., 4/4/2003, n. 5329), fondamentale rilevanza assumendo -come detto- la circostanza che dell’opera del terzo essi comunque si avvalgano nell’attuazione della prestazione dovuta.

Il tour operator è pertanto direttamente responsabile allorquando l’evento dannoso risulti come nella specie da ascriversi alla condotta colposa del terzo prestatore (nel caso, conducente di taxi) della cui attività comunque si sia avvalso, essendo tenuto al risarcimento dei danni sofferti dal turista-consumatore di pacchetto turistico in conseguenza della medesima, salvo in ogni caso il suo diritto di rivalsa nei confronti del prestatore medesimo (D.Lgs. n. 111 del 1995, art. 14, comma 2)…

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