art. 33 della Convenzione di Montreal: la competenza rimane soggetta al regime interno dello Stato in cui l’attore decide di intraprendere il giudizio

…In via pregiudiziale va disattesa l’eccezione di incompetenza funzionale e per territorio dell’adito giudice proposta dalla terza chiamata in causa XXX, che ha invocato l’applicazione al caso di specie della disposizione di cui all’art. 28 della Convenzione di Varsavia del 1929.
La Suprema Corte con sentenza n. 11183 del 2005 ha statuito che l’art. 28 della Convenzione di Varsavia, oggi sostituito dall’art. 33 della Convenzione di Montreal del 1999, nella parte che individua i fori alternativi dell’azione del danneggiato nel luogo del domicilio del vettore o della sede principale della sua attività o nel luogo in cui esso possiede un’impresa che ha provveduto a stipulare il contratto, o in quello di destinazione del volo, attiene esclusivamente alla giurisdizione e non anche alla competenza interna.
Dunque, l’art. 33 della Conv.Montreal del 1999, come l’art. 28 della Conv. di Varsavia, richiama i fori alternativi suddetti solo come criteri di collegamento giurisdizionale e non come criteri di competenza, che rimane soggetta al regime interno dello Stato in cui l’attore decide di intraprendere il giudizio; tant’è che l’articolo in esame si intitola “competenza giurisdizionale” ed il suo comma 4 (ex comma 2 Conv. Varsavia) stabilisce che le regole di procedura, tra cui vi sono quelle sulla competnza territorale, sono quelle del tribunale adito…

così Giudice di Pace di Avellino sentenza n. 189/2014 del 17/2/2014

la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario fa cessare la materia del contendere

…il passaggio in giudicato, in pendenza del giudizio di separazione dei coniugi, della sentenza che rende esecutiva nello Stato la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario contratto dalle parti, fa venire meno il vincolo coniugale e, quindi, fa cessare la materia del contendere in ordine alla domanda di separazione personale e alle correlate statuizioni circa l’addebito e l’assegno di mantenimento, adottate nel processo e non ancora divenute intangibili…

così Cass.civ., sez. VI, ordinanza n. 3998 del 19 Febbraio 2014

le vicende private anche se penali non implicano la cancellazione del medico dall’albo

Le vicende private, anche se penali, ad avviso della Cassazione non implicano la cancellazione del medico dall’albo professionale; ed infatti, deve operarsi una netta distinzione tra condotte aventi rilievo e incidenza rispetto alla affidabilità del soggetto per il corretto svolgimento delle funzioni o delle attività volta per volta considerate, e che quindi possono essere legittimamente oggetto di valutazione a questi effetti; e condotte riconducibili esclusivamente ad una dimensione “privata” o alla sfera della vita e della libertà individuale, in quanto tali non suscettibili di essere valutate ai fini di un requisito di accesso a funzioni o ad attività pubbliche comunque soggette a controllo pubblico.

Così Cass. Civ., sez. II, 21 Gennaio 2014, n. 1171

richiesta indennizzo per gli utenti della Telecom ai quali in fattura vengono addebitati i costi per noleggio apparecchi telefonici e accessori

E’ possibile contestare le fatture nelle quali sono stati addebitati gli importi relativi ai canoni per noleggi accessori e apparecchi telefonici, in quanto non dovuti per illegittimità della richiesta da parte della Telecom, come disposto dalla delibera 13/10/CIR dell’11/03/2010 AGCOM.

Gli interessati possono chiedere il rimborso degli importi indebitamente versati dall’utente a Telecom, a partire dagli ultimi dieci anni, maggiorato dei relativi interessi legali, nonché chiedere la cancellazione di dette voci dalle fatture di prossima emissione.

Per attivare la procedura è possibile rivolgersi all’Avv. Fabiola De Stefano telefonando al n. 3400677673 od inviando una email a fds@studiolegaledesia.com

ricorso per la stabilizzazione dei precari della scuola – Avellino

il RICORSO ai sensi della legge n. 533 del 1973 si instaura innanzi al GIUDICE DEL LAVORO per sentir dichiarare che la sequenza di lavoro precario instaurata dal ricorrente con l’amministrazione scolastica, ai sensi dell’art. 4 L. 124/1999, manifesta un utilizzo abusivo dei contratti di lavoro a tempo determinato successivi, contrastanti innanzitutto con i precetti del Dlgs n. 368/2001; il ricorso serve, quindi, anche a sentir dichiarare che il comportamento della PA è elusivo della direttiva del 28/6/99/70/Ce, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dalle organizzazioni intercategoriale in data 18.3.1999.

La finalità del ricorso è quella di ottenere la stabilizzazione del lavoratore precario ovvero un risarcimento per il danno patito.

Se sei un insegnante precario e vuoi maggiori informazioni, o vuoi redigere un ricorso, puoi prendere contatti con l’Avv. Fabiola De Stefano telefonando al n. 3400677673 od inviando una email a fds@studiolegaledesia.com

il regime previsto dal T.U. sull’impiego pubblico ed il diritto europeo

La Corte di Giustizia ha dichiarato il regime previsto dal T.U. sull’impiego pubblico, per le ipotesi di utilizzo abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato, contrastante con l’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato del 1999, e ciò nella misura in cui l’obbligo abbia come effetto di rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio, da parte del lavoratore, dei diritti conferiti dall’ordinamento U.E.

v. Corte di giustizia dell’Unione europea, Ordinanza 12/12/2013, n. C-50/13, Papalia c. Comune Aosta

la modifica normativa dell’art. 280 comma 2 c.p.p. è retroattiva

l’art. 280 comma 2 c.p.p. è stato innovato dalla l. 9 agosto 2013, n. 94, di conversione del d. l. 1 luglio 2013, n. 78 recante Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena.

Il testo così novellato stabilisce ora che la custodia in carcere possa “essere disposta solo per delitti consumati o tentati per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni“.

Ciò premesso, ad avviso di Cass. pen., Sez. VI, 4 dicembre 2013, n. 48462 :
pur in assenza di una specifica disposizione transitoria, deve ritenersi che la modifica normativa in esame sia senz’altro applicabile ai procedimenti cautelari in corso al momento dell’entrata in vigore della su citata l. n. 94/2013

art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, introdotto dall’art. 2 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 146, è un titolo autonomo di reato

Con sentenza emessa l’8 gennaio 2014 – di cui è stata fornita l’informazione provvisoria – la Sesta sezione della Corte di cassazione ha affermato che la nuova formulazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, introdotta dall’art. 2 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 146, configura un titolo autonomo di reato per fatti di lieve entità riconducibili alle altre previsioni contenute nel medesimo art. 73, precisando che il più breve termine di prescrizione di sei anni previsto per tale reato ex art. 157 comma 1 cod. pen., debba applicarsi anche retroattivamente, a norma dell’art. 2, comma quarto, cod. pen.

la critica politica deve fondarsi sull’attribuzione di fatti veri

… In punto di diritto non v’è dubbio che in tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini dell’applicazione dell’esimente di cui all’art. 51 c.p., la critica politica – che nell’ambito della polemica fra contrapposti schieramenti può anche tradursi in valutazioni e commenti tipicamente “di parte”, cioè non obiettivi – deve pur sempre fondarsi sull’attribuzione di fatti veri, posto che nessuna interpretazione soggettiva, che sia fonte di discredito per la persona che ne sia investita, può ritenersi rapportabile al lecito esercizio del diritto di critica, quando tragga le sue premesse da una prospettazione dei fatti opposta alla verità…

così Cass.pen., Sez. II, 19 dicembre 2013, n. 51439

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