conflitto di attribuzione

La Corte di cassazione, terza sezione civile, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera adottata dall’Assemblea il 10 febbraio 2005 (doc. IV-quater, n. 48), con la quale è stato affermato che le dichiarazioni rese dal deputato Vittorio Sgarbi nel corso di una trasmissione televisiva andata in onda il 27 marzo 1998 e coinvolgenti, fra gli altri, il dott. Gherardo Colombo, magistrato, all’epoca dei fatti, in servizio presso la Procura della Repubblica di Milano, concernevano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni e dovevano, pertanto, ritenersi insindacabili, a norma dell’art. 68, primo comma, della Costituzione. Dopo aver rievocato l’iter del procedimento e le ragioni della domanda risarcitoria formulata dal dott. Colombo nei confronti dell’allora deputato Sgarbi, la Corte ricorrente ha richiamato la ormai consolidata giurisprudenza costituzionale formatasi sul tema della garanzia costituzionale prevista per le dichiarazioni rese extra moenia dei parlamentari, sottolineando, in particolare, come il fulcro di tale garanzia debba essere ravvisato nella necessaria individuazione di un nesso funzionale tra le opinioni manifestate e l’attività parlamentare, secondo quelle caratteristiche di sostanziale corrispondenza di contenuti, tra opinioni espresse e attività parlamentare tipica, più volte poste in luce nelle pronunce di questa Corte. In tale cornice, dunque, la Camera dei deputati avrebbe – a parere della Corte ricorrente – omesso di scrutinare correttamente le opinioni manifestate dal deputato Sgarbi, stante il contesto privatistico in cui le stesse sono state espresse, e l’assenza di collegamento tra il relativo contenuto ed atti parlamentari tipici riferibili allo stesso deputato… \"\"

…Nel merito, il ricorso è fondato, in quanto, a sostegno del nesso funzionale ravvisato nella deliberazione oggetto del conflitto, non è stato dedotto alcun atto parlamentare riferibile personalmente alla attività svolta dall’on. Sgarbi quale deputato, posto che gli atti evocati a tal fine dalla Camera resistente si riferiscono ad altri parlamentari. Nell’esigere questo specifico nesso la giurisprudenza di questa Corte è assolutamente costante (ex plurimis, sentenza n. 304 del 2007). E’ la stessa Camera, d’altra parte, a sollecitare una revisione della giurisprudenza costituzionale, notoriamente consolidata nell’escludere la possibilità di utilizzare, come atti di “copertura” ai fini della insindacabilità, quelli posti in essere da altri componenti della Camera di appartenenza, anche se dello stesso gruppo parlamentare. Auspicio che, peraltro, non può trovare accoglimento, dovendosi qui ribadire che la verifica del nesso funzionale tra le dichiarazioni esterne e quelle rese nell’esercizio delle funzioni parlamentari deve essere effettuata con riferimento alla stessa persona, non potendosi configurare «una sorta di insindacabilità di gruppo» assistita dalla garanzia costituzionale prevista dall’art. 68, primo comma, della Costituzione (tra le tante, sentenza n. 28 del 2008). Il nesso biunivoco che deve correlare l’attività divulgativa all’esercizio delle funzioni parlamentari, non può, infatti, che presupporre l’identità soggettiva in capo al titolare del relativo munus, altrimenti facendo assumere, ad una prerogativa riconosciuta in vista dello svolgimento di una funzione, i connotati tipici di una non consentita immunità soggettiva.

Deve conclusivamente ritenersi che non spettava alla Camera dei deputati affermare che i fatti per i quali è in corso il giudizio civile promosso dal dott. Gherardo Colombo nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi pendente davanti alla Corte di cassazione, terza sezione civile, di cui al ricorso in epigrafe, costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell’esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell’art. 68, primo comma, della Costituzione.

Corte cost., 24 giugno 2011, n. 194

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