D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11

Cass. pen., sez. III, 15.6.2011, n. 23986:

Secondo il chiaro tenore del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 11, commette il reato colui che, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto e relativi interessi e sanzioni, aliena simulatamente i propri beni o compie altri atti fraudolenti idonei a frustrare l’efficacia della riscossione coatta. Elementi costitutivi della fattispecie sono, sotto il profilo psicologico, il dolo specifico, cioè, il fine di sottrarsi al pagamento del proprio debito tributario; sotto l’aspetto materiale, necessita il compimento di una azione fraudolenta atta a vanificare l’esito della esecuzione tributaria coattiva (che non deve necessariamente essere in atto e si configura come una evenienza futura cha la condotta mira e neutralizzare). La struttura del reato si presenta differente da quella del d.P.R. n. 602 del 1972, art. 97, comma 6, (sostituita dalla L. n. 413 del 1991, art. 15, abrogata dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 25) che richiedeva il compimento, dopo la verifica fiscale, di atti fraudolenti che riuscivano a rendere inefficace, totalmente o parzialmente, l’esecuzione esattoriale. Mettendo a confronto le due fattispecie, si evidenzia, tra l’altro,che la vigente non richiede più la vanificazione della pretesa tributaria. Nel nuovo reato dell’art.11, l’evento materiale si trasforma da danno in pericolo essendo sufficiente la idoneità della condotta a raggiungere il fine illecito che il contribuente si prefigura; in tale modo, il Legislatore ha anticipato la tutela penale del bene protetto non limitandolo alla effettiva riscossione dei tributi, ma anche alla conservazione delle garanzie patrimoniale ad essa connesse (Sez. 3 sentenza 14720/2008). Dal testo della norma, si evince che gli atti fraudolenti non devono essere tali da rendere impossibile il pagamento del debito tributario, ma devono avere la potenzialità di raggiungere tale fine. Da quanto rilevato, deriva che il momento di consumazione del delitto deve essere fissato al compimento di qualsiasi atto che possa mettere in pericolo l’adempimento di una obbligazione tributaria. Venendo al caso in esame, si deve rilevare come la fraudolenta costituzione di un fondo patrimoniale sia condotta idonea ad ostacolare il soddisfacimento della pretesa fiscale (Cass. sezione 3 sentenza 582482008). Sul punto, è esatta la deduzione del ricorrente secondo il quale il fondo patrimoniale di cui all’art. 167 c.c., è soggetto alla disposizione dell’art. 162 c.c., circa le forme delle convenzioni matrimoniali,ivi inclusa quella del quarto comma che ne condiziona la opponibilità ai terzi alla annotazione del relativo contratto ai margini dell’atto di matrimonio, mentre la trascrizione ai sensi dell’art. 2647 c.c., è degradata a mera pubblicità – notizia (Sezioni Unite civili 21658/2001).

post 2011

Chiama lo Studio!