L’ affidamento “in prova” in Comunità del detenuto tossicodipendente: una buona alternativa al carcere per colui che condannato in via definitiva voglia disintossicarsi.

L’ affidamento “in prova” in Comunità del detenuto tossicodipendente: una buona alternativa al carcere per colui che condannato in via definitiva voglia disintossicarsi.

a cura di studiolegaledesia.com – De Stefano & Iacobacci, avvocati esperti in misure alternative alla detenzione

1. Una buona idea.

Il Legislatore italiano ha (con una sorprendente sensibilità) previsto – nello stesso testo normativo in cui sanziona, tra l’altro, la detenzione finalizzata allo spaccio di stupefacenti – anche la possibilità di evitare la carcerazione per colui il quale sia stato condannato con pena detentiva definitiva ma sia, in maniera certificata, un soggetto tossicodipendente.

All’art. 94 del DPR 309/90 è, infatti, previsto il c.d. Affidamento in prova in casi particolari. Tale forma alternativa alla detenzione può essere richiesta, in sintesi, se la pena detentiva deve essere eseguita nei confronti di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi, purché la pena da espiare non sia superiore a sei anni (od a quattro anni se relativa a titolo esecutivo comprendente reato di cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354).

A decidere sulla meritevolezza di questa valida alternativa alla detenzione è, volta per volta, la c.d. Magistratura di Sorveglianza; la quale sovente accoglie l’istanza quando ritiene che il programma terapeutico contribuisce al recupero del condannato ed assicura la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.

Quanto ai limiti applicativi , tra l’altro, è previsto che l’ affidamento in prova al servizio sociale non possa essere disposto più di due volte per lo stesso soggetto.
Quanto, invece, ai doveri della “struttura ospitante” è, tra le altre cose, previsto che il responsabile della struttura presso cui si svolge il programma terapeutico di recupero e socio-riabilitativo sia tenuto a segnalare all’autorità giudiziaria le violazioni commesse dalla persona sottoposta al programma. Qualora tali violazioni integrino un reato, in caso di omessa segnalazione, l’autorità giudiziaria ne dà comunicazione alle autorità competenti per la sospensione o revoca dell’autorizzazione ad esercitare le attività della struttura e dell’accreditamento istituzionale.

2. Una corretta applicazione.

Una corretta applicazione dell’istituto giuridico in questione sembra essere fatta dalla Corte di Cassazione, la quale, forse, più e meglio della Magistratura di Sorveglianza ha compreso la logica e l’ambito operativo di esso.

Infatti, ancor di recente la Cassazione (Cass. pen., sez. I, 12.04.2011-25.05.2011, n. 1371) ha confermato la marcata specialità del sottosistema punitivo e penitenziario a carico di imputati tossico ed alcooldipendenti; in particolare, l’istituto del c.d. affidamento in prova terapeutico, disciplinato dall’art. 94 d.P.R. n. 309 del 1990, è teso – e questo è il suo fine prevalente – alla cura del soggetto tossicodipendente a prescindere dal suo essere o meno un pluripregiudicato o dall’avere il soggetto dei carichi pendenti od una peculiare personalità.

La norma dell’affidamento in Comunità di recupero mira, anzi, proprio attraverso la cura alla riabilitazione psicofisica del soggetto; unica dinamica che potrà impedire allo stesso – ed a tutti coloro che si trovino in analoga situazione – di ricadere nella violazione delle norme penali a causa della tossicodipendenza.

Insomma: eliminata la causa si elimina il reato; è questa la logica della misura alternativa in analisi.

Tale valutazione parte dalla corretta convinzione (cfr. cit. Cass. pen., sez. I, 12.04.2011-25.05.2011, n. 1371) che il rigorismo repressivo nei confronti di soggetti tossico od alcooldipendenti non porti ad alcun risultato, se non è adeguatamente supportato da un percorso di rieducazione assai più specifico di quello per i condannati comuni, specie ove quei soggetti abbiano in corso od intendano seriamente intraprendere un programma di recupero.

Appare oramai pacifico come la norma contempli evidentemente un istituto di favore; e l’orientamento giurisprudenziale è, perciò, altrettanto orientato verso il favor riabilitativo, ritenendosi che mai potrà privarsi un soggetto del diritto al ricovero in Comunità solo perché costui abbia un curriculum delinquenziale alle spalle o dei carichi pendenti. Ed anzi, la “recidiva” non può in alcun modo influire sulla valutazione di meritevolezza, o meno, del ricovero (cfr. cit. Cass. pen., sez. I, 12.04.2011); questione di diritto – questa – che sorge sovente nei casi in cui un soggetto cumuli ambedue le qualità soggettive, di tossico od alcooldipendente, da un alto, e di recidivo nel reato, dall’altro. Il che, se per il recidivo non è affatto circostanza scontata, è viceversa assai frequente per il tossico o l’alcooldipendente; i quali dal punto di vista criminologico, come è noto, sono soggetti ad alto tasso di recidivanza.

Sul punto, la nostra legislazione, ma pure la giurisprudenza della Cassazione, è animata dal desiderio di tutelare e favorire il massimo recupero di quelli che altro non sono che soggetti deboli; prestandosi perciò massima adesione alla prevalenza del trattamento di favore riabilitativo sullo stato detentivo.

Ciò fa capire come la valutazione da farsi ai fini della concessione della richiesta misura riguardi la meritevolezza di cura e di riabilitazione del soggetto tossicodipendente (cfr. Cass. pen., sez. I, 02-12-2009, n. 3486, nonché Cass. pen., sez. I, 03-03-2010, n. 13542), e tale valutazione deve essere prevalentemente orientata all’accoglimento della istanza, data la piena copertura costituzionale dell’istituto giuridico di cui si parla: si pensi agli articoli 32 Cost. e 27 Cost., laddove, infatti, si potrà attraverso il rispetto del diritto alle cure ottenere la rieducazione, effettiva e reale, del condannato; evitando, così, che ricada nelle maglie di quella illiceità generata proprio dalla tossicodipendenza.

3. Brevi note conclusive.

Se tale è l’insegnamento che appare possibile trarre dalla logica dell’ Affidamento in prova in casi particolari, non potrà che sperarsi nel sempre maggiore utilizzo di esso da parte dei soggetti tossicodipendenti detenuti; e, soprattutto, dovrà sperarsi che la Magistratura di Sorveglianza possa – al di là di frequenti miopie – dare sempre maggiore e più larga attuazione all’istituto di cui all’art. 94 del DPR 309/90, realizzando così il dettato costituzionale che vuole la Salute quale diritto prevalente sugli altri eventuali valori con esso contrastanti.

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