2.- Le diversità nella disciplina dell’udienza dibattimentale minorile.
Il dibattimento nel processo minorile, come fase processuale, non dista affatto (quanto alle regole) da quello che si svolge nel rito dei maggiorenni. La disciplina dello stesso è trattata da un unico articolo del D.P.R. Del 22/9/1988, n. 448: e cioè dall’art. 33.
Vi sono, in realtà, ben poche regole/accorgimenti, di carattere speciale, volti alla tutela dell’imputato minorenne.
Una prima diversità risiede nella circostanza che l’udienza dibattimentale innanzi al tribunale per i minorenni si tiene a porte chiuse; ciò al fine di tutelare l’immagine dell’imputato che potrebbe essere irrimediabilmente compromessa da una pubblicità negativa derivante dalle vicende processuali in cui è coinvolto.
Tale regola, però, può derogarsi una volta che l’imputato abbia compiuto gli anni sedici; in tal caso infatti, se egli lo chiede, può procedersi in pubblica udienza. Ovviamente ciò avverrà nel solo caso in cui il tribunale, valutato l’interesse del minore, ritenga fondate le ragioni a base della richiesta ed opportuna la pubblica udienza. Mai, tuttavia, potrà aversi una udienza pubblica nei casi in cui vi siano coimputati minori degli anni sedici ovvero nel caso in cui uno dei coimputati non presti analogo consenso/richiesta.
Ciò che rende il processo “a porte chiuse” è la celebrazione innanzi al tribunale per i minorenni, ossia il luogo; da ciò si ricava che la non pubblicità dell’udienza v’è anche nei casi di imputati divenuti nelle more maggiorenni ma che sono processati dal tribunale dei minori poiché commisero il reato allorquando ancora erano minorenni.
Altra particolarità conseguente al rito minorile è l’impossibilità di riprese video o di trasmissione dei dibattimenti, derivandosi ciò dalla regola generale dell’intrasmissibilità dei processi a porte chiuse e quindi dalla impossibilità della previa ripresa video degli stessi.
Più in generale, vige anche il divieto di pubblicazione e divulgazione – con qualsiasi mezzo – di notizie od immagini idonee a consentire l’identificazione del minorenne coinvolto, a qualsiasi titolo, nel procedimento.
Altra particolarità del rito minorile risiede nella circostanza che l’esame dell’imputato viene ivi condotto dal presidente, salva la facoltà dei giudici, del pubblico ministero e delle altre parti di proporre al presidente domande o contestazioni che questi potrà riproporre al minore imputato. Tale accorgimento serve probabilmente ad evitare al minore imputato i possibili “traumi” derivanti da un incalzante esame incrociato ad opera delle parti processuali.
Infine, ultime particolarità del dibattimento minorile sono: a) il potere consentito al presidente del collegio di disporre l’accompagnamento o l’allontanamento del minore; b) la partecipazione al detto dibattimento della persona offesa, dei servizi minorili e dell’esercente la potestà dei genitori; c) la circostanza che nel processo minorile non è mai ammessa la costituzione di parte civile.
Vi sono poi vicende processuali/procedurali che possono aversi anche nel processo ordinario ma che ricorrono più di sovente nel giudizio minorile.
Si pensi, ad esempio, all’audizione di testimoni minorenni, talvolta infraquattordicenni; per i quali, com’è noto, v’è solo l’obbligo di dire la verità e non anche l’ammonimento circa le sanzioni penali conseguenti alla menzogna.
Ricorre sovente la particolare vicenda dell’escussione di minori vittime di crimini sessuali, per i quali v’è la nota assistenza affettiva e psicologica che consente la partecipazione agli atti di familiari e professionisti o altre persone indicate dal minore.
Ricorre, inoltre, spesso anche la c.d. audizione protetta del teste minorenne, che consente di filtrare la sua escussione, oltre che con il menzionato esame da parte del presidente, mediante, ad esempio, schermature in vetro od apparati citofonici.