Processo del lavoro ad Avellino: 5 errori da evitare assolutamente

Processo del lavoro ad Avellino: 5 errori da evitare assolutamente

 

❓1. Posso aspettare qualche mese prima di impugnare un licenziamento?

No. È uno degli errori più gravi. Il lavoratore ha solo 60 giorni per impugnare un licenziamento in forma scritta. Superato quel termine, il ricorso diventa inammissibile, anche se il licenziamento è palesemente ingiusto.
Consiglio: anche una semplice PEC inviata da soli può bloccare i termini, ma è meglio farlo con l’aiuto di un legale.

❓2. Se accetto la conciliazione sindacale, posso fare causa lo stesso?

Dipende. Se firmi una conciliazione in sede sindacale (art. 411 c.p.c. o ex art. 2113 c.c.), in molti casi rinunci irrevocabilmente a far valere i tuoi diritti in giudizio.
Attenzione: firme “a caldo” o sotto pressione vanno valutate con attenzione prima della sottoscrizione.

❓3. Serve un avvocato anche se mi aiuta il sindacato?

Sì, nella maggior parte dei casi. Il sindacato può darti un supporto utile, ma non sostituisce un legale, soprattutto se il caso presenta:

  • violazioni gravi;

  • discriminazioni;

  • mancate retribuzioni pregresse;

  • danni morali.
    ➡ Inoltre, solo un avvocato può seguire il processo fino al giudizio di appello o di Cassazione.

❓4. Se l’azienda non paga il TFR, posso fare causa dopo anni?

No, o almeno non sempre. Il diritto al TFR si prescrive in cinque anni, ma più si aspetta, più è difficile ottenere prove (es. stato patrimoniale azienda, testimoni, contabilità interna).
➡ Nei licenziamenti “a voce” o con dimissioni forzate, il tempo inizia dal giorno dell’interruzione del lavoro, non dalla ricezione della busta paga.

❓5. Il processo dura troppo: tanto vale lasciar perdere?

Falso. Il processo del lavoro è più rapido di altri procedimenti civili.
A Avellino, una prima udienza può tenersi in 4-6 mesi. Con la riforma dell’Ufficio per il Processo, i tempi stanno migliorando.
➡ Se il tuo caso è ben documentato, puoi ottenere:

  • reintegro;

  • risarcimento;

  • pagamento arretrati e contributi.

✅ Conclusione + Call to action

Evita gli errori che ogni settimana vediamo commettere da lavoratori non informati. Se pensi di aver subito un torto sul lavoro, non aspettare.
📞 Contattaci oggi stesso per una prima consulenza: siamo a tua disposizione per aiutarti a non sprecare le tue possibilità.

📍 Studio Legale De Stefano & Iacobacci
Avellino – Via Trinità, 36
Email: info@studiolegaledesia.com
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Licenziamenti collettivi o per giustificato motivo oggettivo: i tuoi diritti se lavori in Irpinia

Licenziamenti collettivi o per giustificato motivo oggettivo: i tuoi diritti se lavori in Irpinia

di Fabiola De StefanoAvvocato

Quando è legittimo il licenziamento per motivo oggettivo?

È legittimo solo se:

  • c’è una comprovata crisi aziendale o riorganizzazione;

  • il lavoratore licenziato non poteva essere ricollocato in altra posizione;

  • l’azienda ha seguito tutte le procedure corrette.

Attenzione: molte aziende in crisi (artigianato, edilizia, agricoltura) licenziano senza documentare nulla, confidando che il lavoratore non reagisca.

Cosa puoi fare:

  • Richiedere le motivazioni scritte del licenziamento;

  • Verificare la documentazione aziendale;

  • Agire in giudizio per ottenere reintegro o risarcimento.

Dati rilevanti per la Campania / Avellino:

  • La Campania è tra le regioni con più alti tassi di licenziamenti collettivi dal 2021 in poi, specie nelle PMI;

  • Il Tribunale di Avellino ha riconosciuto il diritto al reintegro in diversi casi recenti, specie quando non erano state valutate alternative.

Consulenza preventiva

Possiamo valutare se:

  • esistono vizi nel licenziamento;

  • è preferibile la causa o la conciliazione;

  • vi sono diritti economici ulteriori da far valere (indennità, TFR non pagato).

 

Se hai bisogno di aiuto, contattaci!

Demansionamento, trasferimenti forzati, pressioni sul lavoro: quando scatta il diritto al risarcimento

Demansionamento, trasferimenti forzati, pressioni sul lavoro: quando scatta il diritto al risarcimentO

a cura dell’ Avv. Fabiola De Stefano

Quando parliamo di “demansionamento”

Il demansionamento avviene quando il lavoratore è costretto a svolgere mansioni inferiori rispetto a quelle previste dal contratto. Può essere:

  • Esplicito: ordine formale dell’azienda;

  • Sotterraneo: svuotamento di competenze, isolamento, “parcheggio” in ruoli inutili.

Trasferimenti punitivi o forzati

Molti lavoratori avellinesi ci contattano dopo essere stati:

  • trasferiti in altra sede senza motivazione;

  • spostati per ritorsione (post-malattia, maternità, controversie interne);

  • messi sotto pressione per “auto-dimissionarsi”.

Tutte queste ipotesi possono dare luogo a una violazione dell’art. 2103 c.c. e/o mobbing, con diritto al risarcimento.

Cosa puoi fare:

  1. Conservare tutte le comunicazioni scritte (mail, messaggi);

  2. Annotare date e nomi dei colleghi/testimoni;

  3. Chiedere subito un parere legale per valutare la strada giudiziale.

Esempi reali (senza dati personali)

  • “Impiegato commerciale trasferito a 120 km senza ragione: reintegrato e risarcito di €14.000”.

  • “Operatrice ospedaliera dequalificata dopo assenza per maternità: ottenuto risarcimento morale e cambio reparto”.

Procedura al Tribunale di Avellino

Il ricorso si presenta con urgenza davanti alla Sezione Lavoro. I tempi di trattazione sono mediamente più rapidi rispetto al contenzioso civile ordinario.

Contattaci

Se subisci trasferimenti punitivi o un demansionamento, possiamo aiutarti a reagire in modo corretto e tempestivo.

Cosa fare se sei stato licenziato ingiustamente ad Avellino

Cosa fare se sei stato licenziato ingiustamentE – Avellino

di Fabiola De StefanoCofondatore di De Stefano & Iacobacci Avvocati

Introduzione

Se sei stato licenziato ad Avellino o provincia e ritieni che il licenziamento sia ingiustificato o discriminatorio, hai diritto a una serie di strumenti legali per difendere i tuoi diritti. In questa guida scoprirai:

  • i tempi per agire;
  • i passaggi procedurali;
  • le possibili conseguenze (reintegro, risarcimento, TFR);
  • quando e come richiedere assistenza legale specializzata.

1. Quando è illegittimo un licenziamento?

Un licenziamento può essere considerato illegittimo se:

  • manca una giusta causa o motivazione valida (es. motivi economici fittizi);
  • non è notificato per iscritto;
  • è discriminatorio (es. basato su genere, età, maternità);
  • non rispetta procedure legali obbligatorie.

2. Termini legali: tempistiche da rispettare

  • 60 giorni per inviare un atto scritto (anche via PEC o raccomandata) per impugnare il licenziamento
  • 180 giorni (dal primo atto scritto) per depositare il ricorso vero e proprio presso la Sezione Lavoro del Tribunale di Avellino
    • Se si attiva un tentativo di conciliazione, i 180 giorni si sospendono fino all’esito + 20 giorni

Importante: non rispettarli significa perdere qualsiasi possibilità di ricorso.

3. Come avviare il ricorso

  1. Invia un atto scritto di contestazione al datore di lavoro entro 60 giorni.
  2. Raccogli documenti chiave:
    • contratto di lavoro, buste paga, lettere di contestazione;
    • comunicazioni video/email;
    • eventuali prove di mobbing o discriminazione.
  3. Depositare il ricorso in Tribunale (Sez. Lavoro, Via Colombo 10 – Avellino) oppure richiedere una conciliazione. Se il datore rifiuta o non risponde, il riaperto conteggio dei 60 giorni per depositare.

4. Possibili risultati

  • Se il giudice dichiara illegittimo il licenziamento:
    • reintegro nel posto di lavoro + retribuzioni arretrate;
    • oppure risarcimento economico, variabile secondo la legge e la giurisprudenza (es. Art. 18 Statuto dei Lavoratori)
  • Il TFR è dovuto comunque, anche se viene concesso il reintegro.

5. Perché agire subito

Consigli smart

  • Invia la comunicazione entro i 60 giorni, anche tramite PEC, conservando ricevute e ricevuta di consegna;
  • Richiedi supporto legale per predisporre un ottimo ricorso;
  • Monitora lo stato del tuo ricorso attraverso la Segreteria della Sezione Lavoro del Tribunale di Avellino (ore 9–12:30, tel. 0825‑780648)
  • Valuta l’ipotesi di conciliazione: spesso veloce, meno costosa e può garantire un risultato prima del processo.

📞 Call to action

Hai subito un licenziamento? Non aspettare: contattaci per una consulenza
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Trattamento Sanitario Obbligatorio: svolta della Corte Costituzionale sulla tutela dei diritti fondamentali

Trattamento Sanitario Obbligatorio: svolta della Corte Costituzionale sulla tutela dei diritti fondamentali

Con la sentenza n. 76/2025, depositata il 30 maggio, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune norme che regolano il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), rafforzando le garanzie procedurali a tutela della persona.

La questione sollevata

A sollevare il dubbio di legittimità è stata la Corte di Cassazione, la quale ha evidenziato che la normativa vigente – in particolare l’art. 35 della legge n. 833/1978 – non prevede in modo chiaro ed efficace la comunicazione al paziente dei provvedimenti che lo riguardano, né garantisce l’ascolto diretto da parte del giudice tutelare prima della convalida del TSO.

Cosa ha deciso la Corte

La Corte ha stabilito che il trattamento sanitario obbligatorio, pur motivato da esigenze sanitarie e sociali, non può mai prescindere dal rispetto dei diritti fondamentali della persona, in particolare del diritto:

  • alla libertà personale (art. 13 Cost.),
  • alla difesa (art. 24 Cost.),
  • alla salute (art. 32 Cost.),
  • a un giusto processo (art. 111 Cost.).

Per questo ha dichiarato incostituzionali le norme che non prevedono:

  • la notifica tempestiva al paziente del provvedimento del sindaco che dispone il TSO;
  • l’audizione diretta della persona da parte del giudice tutelare;
  • la comunicazione formale del decreto di convalida del giudice.
Le parole della Corte

Secondo la Corte, la tutela della salute non può essere disgiunta dal rispetto della dignità e dell’autodeterminazione della persona. Anche nei casi di compromissione psichica o incapacità, la persona non può essere esautorata dal proprio diritto a sapere, comprendere e reagire alle decisioni che la riguardano.

Gli effetti concreti della sentenza

Questa decisione segna un cambio di paradigma nella gestione del TSO:

  • d’ora in poi, la persona dovrà sempre essere messa a conoscenza dei provvedimenti adottati nei suoi confronti;
  • l’audizione personale del paziente diventa una condizione imprescindibile per la legittimità della convalida;
  • i giudici tutelari dovranno modificare le prassi attuali, che spesso trascurano questi aspetti formali ma sostanziali.
Una garanzia in più per chi è più vulnerabile

La sentenza n. 76/2025 rappresenta una svolta di civiltà giuridica. In un ambito delicatissimo come quello della salute mentale, dove il rischio di abuso o automatismo non è mai del tutto escluso, la Corte ribadisce che la legalità costituzionale non può mai essere sospesa, nemmeno in nome della protezione.

Conclusioni

Con questa pronuncia, la Corte Costituzionale invita il legislatore e gli operatori del diritto a riequilibrare il rapporto tra tutela della salute pubblica e diritti individuali, riaffermando un principio semplice ma essenziale: nessun trattamento può essere imposto senza che la persona venga ascoltata e informata.

Due mamme, un solo figlio: la Corte Costituzionale dice sì

LA CORTE COSTITUZIONALE con SENTENZA N. 68 dell’ANNO 2025 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte in cui non prevede che pure il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all’estero, in osservanza delle norme ivi vigenti, a tecniche di procreazione medicalmente assistita ha lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che, del pari, ha espresso il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime e alla correlata assunzione di responsabilità genitoriale.

La pronuncia deriva da un giudizio promosso dal Tribunale di Lucca nel giugno 2024, che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli articoli 8 e 9 della legge 40/2004 (norme sulla procreazione medicalmente assistita, PMA), in combinato con l’art. 250 c.c.

Oggetto del contendere: la mancata possibilità per la “madre intenzionale” (la compagna che si sottopone insieme alla madre biologica alla PMA) di essere riconosciuta legalmente come genitore del bambino nato all’estero, all’atto della trascrizione della nascita in Italia.

Dichiarazione di incostituzionalità

La Corte ha dichiarato incostituzionale l’art. 8 della legge 40/2004, nella parte in cui sempre nega il riconoscimento legale del figlio anche alla madre intenzionale nei casi di PMA eterologa realizzata all’estero

Ragioni della decisione

Il divieto viola il miglior interesse del minore, che ha diritto a un’origine familiare stabile e riconosciuta già alla nascita.

Crea una discriminazione ingiustificata: riconosce la madre biologica ma non quella che ha assunto congiuntamente la responsabilità genitoriale. Ciò contrasta con gli articoli 2 (diritto all’identità), 3 (uguaglianza) e 30 (protezione della famiglia) della Costituzione .

Da oggi, alla trascrizione dell’atto di nascita in Italia, sarà possibile che il figlio nato all’estero sia riconosciuto fin da subito da entrambe le madri (biologica e intenzionale).

La sentenza rappresenta un passo significativo verso il pieno riconoscimento delle famiglie omogenitoriali e l’eguaglianza dei diritti genitoriali in Italia .

In breve, la Sentenza n. 68/2025 sancisce che, in caso di PMA effettuata legittimamente all’estero da una coppia di donne, entrambe le madri – biologica e intenzionale – devono essere riconosciute dal sistema giuridico italiano sin dalla nascita del minore, nel rispetto del suo diritto all’identità e alla continuità familiare.

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Studio legale Esperto in diritto agrario, vitivinicolo ed enologia

Studio legale Esperto in diritto agrario, vitivinicolo ed enologia

Lo Studio Legale offre consulenza legale a 360° per aziende agricole, cantine e operatori nel campo enologico. Siamo specializzati in:

  • normativa agraria e contratti di affitto, compravendita, prelazione e riscatto dei terreni;
  • diritto vitivinicolo: produzione, etichettatura, imbottigliamento, tutela dei marchi e certificazioni DOC/DOCG/IGP;
  • contenzioso, assistenza stragiudiziale e fiscale su bandi UE, PSR e aiuti di Stato.
Cosa facciamo

Diritto agrario

  • Gestione contrattuale per fondi rustici (vendita, affitto, comando).
  • Successioni aziendali e comunioni rurali.
  • Prelazione agraria e riscatto del fondo.
  • Gestione titoli PAC/PSR e contributi UE.

Diritto vitivinicolo ed enologia

  • Redazione e revisione di contratti di filiera enologica.
  • Etichettatura, protocolli produttivi, imbottigliamento e tutela DOC/DOCG.
  • Marchi agroalimentari e IP protection.
  • Autorizzazioni per nuovi impianti viticoli e trasferimenti.
  • Contenzioso e mediazione agraria.

Il diritto vitivinicolo, che integra normative nazionali, comunitarie e internazionali, richiede competenze multidisciplinari (civile, amministrativo, comunitario e, talvolta, penale)

I nostri vantaggi
  1. Esperienza consolidata – assistenza in fasi cruciali quali bandi PSR e contratti DOCG.
  2. Approccio multidisciplinare – copriamo etichettatura, qualità, imbottigliamento e marchi in ambito comunitario .
  3. Assistenza completa – supporto legale giudiziale e stragiudiziale con rete di consulenti tecnici.
  4. Formazione e aggiornamento costante – seguiamo convegni su biodiversità, passaggio generazionale e sostenibilità.

 

Casi studio

• Contratto quinquennale tra agricoltore e cantina DOCG
Abbiamo strutturato clausole su qualità, quantità e prezzo minimo, tutelando entrambe le parti.

• Ricorso PSR per impianto viticolo
Supporto completo alla procedura, dalla documentazione al superamento di criticità consistenti in fase istruttoria.

Domande frequenti

Cos’è il diritto agrario?
Regola le attività agricole, l’uso del suolo, titoli PAC/PSR e contratti relativi a fondi rustici.

Perché serve un avvocato vitivinicolo?
Serve per proteggere la produzione, l’etichettatura, i marchi e gestire il contenzioso specifico del settore — un ambito connesso a normative comunitarie, commerciali e civili.


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Perché sceglierci

  • Specialisti nel settore agrario e vitivinicolo con comprovata esperienza.
  • Team multidisciplinare per coprire ogni aspetto tecnico e normativo.
  • Supporto strategico su bandi UE, etichettatura e protezione dei marchi.
  • Prossimità al cliente, con risposte rapide e praticità di contatto.

 

SKY ECC: la prova digitale che mette in crisi il giusto processo

SKY ECC: la prova digitale che mette in crisi il giusto processo

di Danilo IacobacciAvvocato Patrocinante in Cassazione e Giurisdizioni Superiori, Dottore di Ricerca in Politiche penali dell’U.E., Vice Procuratore Onorario

PREMESSA

Negli ultimi anni, le indagini penali si sono aperte a una nuova frontiera: quella della tecnologia crittografata.

Con l’irruzione nel sistema SKY ECC – una piattaforma di messaggistica cifrata utilizzata da migliaia di utenti in tutto il mondo – le autorità europee hanno dato il via a una raccolta massiva di dati e comunicazioni, poi trasmessi anche all’Italia.

Tuttavia, dietro l’efficienza investigativa e le operazioni spettacolari, si cela un rischio profondo e poco discusso: quello di processi fondati su prove acquisite all’estero, inaccessibili alla difesa, e mai sottoposte al vaglio di un giudice italiano.

È davvero compatibile tutto ciò con il giusto processo, con la Costituzione e con la CEDU?

 

  1. ACCESSO LIMITATO AGLI ELEMENTI DI PROVA: VIOLAZIONE SISTEMICA DEL DIRITTO DI DIFESA

I dati raccolti tramite SKY ECC consistono in milioni di messaggi criptati, decrittati all’estero (Francia, Paesi Bassi, Belgio) e trasmessi in Italia attraverso Ordini Europei di Indagine (OEI). Tuttavia, nella prassi, la difesa italiana non ha accesso: ai log originali dei server; agli algoritmi di cifratura e decifratura; ai rapporti tecnici delle operazioni di decrittazione; alla catena di custodia completa dei dati digitali; agli eventuali dati esclusi per irreperibilità, irrilevanza o per scelta delle autorità straniere.

Questo genera un doppio strato di opacità: sia per la non conoscibilità del contenuto tecnico, sia per l’impossibilità di verificare manipolazioni, omissioni o errori nell’estrazione, trasmissione e lettura del dato.

L’art. 24 Cost. garantisce il diritto inviolabile alla difesa “in ogni stato e grado del procedimento”, ed il diritto alla prova e al contraddittorio tecnico si concretizza, tra le altre cose, nell’accesso effettivo e paritario agli elementi di prova.

Quando un imputato non può verificare l’autenticità dei messaggi che lo accusano, esaminare i criteri di selezione delle conversazioni inviate dall’estero, riprodurre le condizioni di decodifica del dato originario, il diritto alla difesa è neutralizzato perchè non si può controesaminare una “scatola chiusa”.

Non si tratta di una limitazione processuale, ma di una violazione strutturale della parità delle armi, in quanto la pubblica accusa ha accesso a materiale che l’imputato non può né controllare né replicare.

L’art. 111 Cost. riprende la nozione di “giusto processo” introdotta dall’art. 6 della CEDU. Le violazioni rilevanti in questo contesto sono almeno tre:

  1. a) Art. 6 §1 CEDU – Equità del processo

La Corte EDU ha chiarito che l’equità complessiva del processo può risultare compromessa quando la difesa non può esaminare o contestare prove determinanti, specialmente in ambito penale. Il caso “Bykov c. Russia” (GC, 2009) ribadisce che l’impossibilità di accedere a prove cruciali, anche se per ragioni tecniche, è incompatibile con l’art. 6.

  1. b) Art. 6 §3 lett. b) CEDU – Tempo e mezzi adeguati per preparare la difesa

Quando una prova è tecnicamente inaccessibile, non spiegabile, non riproducibile e non contestabile, la difesa è privata dei “mezzi adeguati” per preparare la propria strategia. Ciò è avvenuto, ad esempio, nel caso “Ibrahim e altri c. Regno Unito” (2016), in cui la Corte ha dichiarato violato l’art. 6 per l’impossibilità di contestare l’uso di dichiarazioni coperte da segreto.

  1. c) Art. 6 §3 lett. d) CEDU – Esame dei testimoni a carico

Nel caso di SKY ECC, la fonte delle prove non è una persona fisica ma un algoritmo, un’operazione tecnica o una polizia straniera: la difesa non può mai esaminare la fonte dell’accusa, né sottoporre a controinterrogatorio i funzionari o i tecnici che hanno materialmente decifrato i dati.

Precedenti della Corte EDU che rafforzano la tesi sono: “Mirilashvili c. Russia” (2008), over la Corte ha stigmatizzato l’impossibilità di ottenere materiali rilevanti per la difesa; “Rowe e Davis c. Regno Unito” (2000) ove ha ritenuto violato l’art. 6 per la mancata disclosure alla difesa di materiali utilizzati dalla pubblica accusa; e  “Natunen c. Finlandia” (2009) ove ha considerato l’assenza di accesso a file digitali fondamentali come una compressione del diritto alla preparazione della difesa.

La tesi della Cassazione – secondo cui la provenienza da uno Stato membro e l’uso dell’OEI bastano a garantire l’affidabilità – sacrifica le garanzie difensive in nome dell’efficienza repressiva. Si istituzionalizza una prassi che rischia di portare a un sistema di giustizia automatizzata e fideistica verso le autorità estere ed ad una progressiva erosione della parità delle armi, con l’imputato degradato a oggetto passivo del processo.

La piena accessibilità e contestabilità del materiale probatorio sono presupposti irrinunciabili di ogni processo democratico.

L’accettazione di prove criptiche e tecnicamente irraggiungibili mina le fondamenta del giusto processo sancito sia dalla Costituzione italiana che dalla CEDU.

Leggi tutto “SKY ECC: la prova digitale che mette in crisi il giusto processo”

Testimonianze Clienti

Testimonianze Clienti

⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️

“Professionalità e umanità. Mi hanno seguito in una causa di separazione molto delicata, con attenzione e rispetto. Grazie all’Avv. De Stefano ho ottenuto l’affidamento di mio figlio e oggi viviamo sereni.”
<small>— M.R., Avellino</small>

⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️

“Avevo ricevuto una cartella esattoriale da 18.000 euro. L’avv. De Stefano ha individuato subito un vizio nella notifica e in pochi mesi la sanzione è stata annullata. Studio molto preparato.”
<small>— G.S., Mercogliano</small>

⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️

“Ero stato licenziato durante la malattia. Lo Studio ha dimostrato l’illegittimità del licenziamento e sono stato reintegrato con risarcimento. Mi hanno trattato con grande serietà.”
<small>— L.C., Ariano Irpino</small>

⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️

“Il mio appartamento aveva infiltrazioni e nessuno voleva assumersi la responsabilità. L’Avv. Iacobacci ha seguito tutto e il condominio è stato condannato a fare i lavori e pagarmi i danni.”
<small>— D.A., Avellino</small>

⭐️⭐️⭐️⭐️⭐️

“Non pensavo fosse possibile opporsi a un’adozione, ma lo Studio ha ottenuto la revoca dello stato di adottabilità per i miei nipotini. Non smetterò mai di ringraziarli.”
<small>— G.M., Napoli</small>

❓ FAQ Legali

❓ FAQ Legali

Domande frequenti sui principali problemi legali: risposte chiare, concrete, immediate.

Hai un dubbio legale? È probabile che qualcun altro abbia già avuto lo stesso problema. Qui trovi risposte rapide e affidabili alle domande più comuni in materia penale, civile, lavoro, famiglia, amministrativa e tributaria.


⚖️ Diritto Penale

🔹 Posso essere condannato qualcuno per un furto senza prove concrete?
No. In Italia vige il principio di presunzione di innocenza. Perché una denuncia porti a processo, devono esserci elementi sufficienti a giustificare un’accusa, anche se non necessariamente “prove definitive”. Tuttavia, dichiarazioni testimoniali possono bastare per l’avvio di indagini.

🔹 Quanto tempo dura un processo penale?
Dipende dalla complessità del caso. Un procedimento di primo grado può durare dai 6 mesi ai 2 anni, ma i tempi aumentano con eventuali appelli e ricorsi in Cassazione.


👨‍👩‍👧‍👦 Diritto di Famiglia

🔹 Mio figlio vuole vivere con me: il giudice lo ascolterà?
Sì. Se il minore ha compiuto 12 anni (o anche meno se capace di discernimento), il giudice lo ascolta. Tuttavia, la volontà del minore non è vincolante: si decide sempre in base al suo interesse superiore.

🔹 Posso impedire al mio ex di vedere i figli?
No, a meno che non vi siano gravi motivi (ad es. violenze o pericolo concreto). In caso contrario, l’impedimento può comportare responsabilità civile o penale (es. art. 388 c.p.).


💼 Diritto del Lavoro

🔹 Il datore può licenziarmi mentre sono in malattia?
No, salvo casi eccezionali (es. superamento del periodo di comporto, licenziamento disciplinare per altri motivi). Un licenziamento durante malattia senza giusta causa può essere impugnato.

🔹 Come posso recuperare stipendi non pagati?
Puoi inviare una diffida tramite avvocato e, in caso di mancato pagamento, procedere con un ricorso per decreto ingiuntivo. In alternativa, puoi avvalerti dell’Ispettorato del Lavoro.


🏛️ Diritto Amministrativo

🔹 Ho ricevuto un’ordinanza di demolizione: posso oppormi?
Sì, puoi proporre ricorso al TAR entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. È importante valutare se l’ordinanza è stata emessa nel rispetto delle norme urbanistiche e procedurali.

🔹 Il Comune mi ha negato un permesso: posso fare ricorso?
Sì, hai 60 giorni per ricorrere al TAR oppure 120 per un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, se previsto. Una consulenza legale è fondamentale per valutare la strategia più efficace.


💰 Diritto Tributario

🔹 Ho ricevuto una cartella esattoriale: posso bloccarla?
Sì, puoi impugnarla entro 60 giorni davanti alla Commissione Tributaria se la ritieni illegittima (es. vizi formali, prescrizione, errori). In alcuni casi è possibile chiedere anche la sospensione immediata.

🔹 Cosa sono i flussi UNIEMENS e perché mi hanno multato?
I flussi UNIEMENS sono dichiarazioni obbligatorie che i datori di lavoro trasmettono all’INPS. Errori o omissioni possono portare a sanzioni. Ma spesso è possibile dimostrarne l’infondatezza e ottenere l’annullamento.


🏠 Condominio e Civile

🔹 Chi risponde per le infiltrazioni d’acqua in un appartamento?
Dipende dalla causa. Se l’origine è condominiale (es. tubature comuni, tetto), risponde il condominio. Se l’infiltrazione proviene da un appartamento privato, è responsabile il singolo proprietario.

🔹 Come si impugna una delibera condominiale?
Va impugnata in Tribunale entro 30 giorni dalla comunicazione del verbale (o dalla data della riunione, se eri presente). È importante valutare se è viziata da illegittimità o eccesso di potere.

Chiamaci!