ABUSIVO ESERCIZIO PROFESSIONE DI PSICOLOGO E PSICOTERAPEUTA

Tribunale di Salerno, Sezione distaccata di Cava de’ Tirreni, 19 febbraio 2009, Giud. Riccardi, Imp. Bove

DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – DELITTI DEI PRIVATI CONTRO LA P.A. – ABUSIVO ESERCIZIO DI UNA PROFESSIONE – PROFESSIONE DI PSICOLOGO E PSICOTERAPEUTA – ELEMENTO OGGETTIVO DEL REATO – CONDOTTA.

Sussiste il delitto di esercizio abusivo della la professione di psicologo e psicoterapeuta allorquando l’agente non soltanto millanti l’inesistente qualifica ma, altresì, pratichi concretamente l’attività di psicoterapia nei confronti di ignari pazienti. La condotta delittuosa consiste nell’adoperare le tecniche tipiche della psicoterapia – dalle impostazioni più strettamente espressive, dirette all’introspezione ed alla comprensione dell’Io profondo, alle impostazioni più supportive, dirette al sostegno dell’Io cosciente, anche mediante coinvolgimento in attività ricreative –, abusando del proprio ruolo, ed anche della propria esperienza empirica, per praticare attività che sono riservate agli psicologi ed agli psicoterapeuti.

In particolare, ciò che connota l’attività di psicoterapia sono essenzialmente il ‘fine di guarire’, lo scopo terapeutico ed i metodi adoperati, consistenti soprattutto nelle forme del ‘colloquio’; in sostanza, commette il reato di esercizio abusivo della professione medica chiunque esprima giudizi diagnostici e consigli, ed appresti le cure al malato. Da tale condotta non è esclusa la psicoterapia, giacché la professione in parola è caratterizzata dal fine di guarire e non già dai mezzi scientifici adoperati; e l’attività di dialogo con i propri clienti, volta a chiarire gli eventuali disturbi di natura psicologica ed anche a fornire consigli, svolta da un pranoterapeuta, prima della fase della “seduta” relativa alla pranoterapia, costituisce un’attività di diagnosi e di terapia .

DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – DELITTI DEI PRIVATI CONTRO LA P.A. – ABUSIVO ESERCIZIO DI UNA PROFESSIONE – PROFESSIONE DI PSICOLOGO E PSICOTERAPEUTA – ELEMENTO SOGGETTIVO DEL REATO – DOLO.

Sussiste il dolo della fattispecie del delitto di esercizio abusivo della professione di psicologo e psicoterapeuta allorquando l’agente abbia conoscenza dei problemi di natura psicologica vissuti dall’ignaro paziente, e, conoscendo (o dovendo conoscere) i confini della sua professione (nel caso di specie assistente sociale) non può ignorare che, nel prendere in cura un paziente con questo genere di problemi, entra inequivocabilmente, e senza possibilità di dubbio anche soggettivo, nel campo riservato agli psicologi.

DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO – DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO COMMESSI MEDIANTE FRODE – TRUFFA – CONDOTTA CONSISTENTE NELLO SPACCIARSI MEDICO ESERCENTE L’ATTIVITÀ DI PSICOLOGO E PSICOTERAPEUTA.

Sussiste il reato di truffa di cui all’art. 640 c.p. allorquando il soggetto agente, nel recarsi al primo incontro presso la famiglia del malato di mente, si accrediti come medico e come psicoterapeuta, esperto in psicoterapia. Tale condotta, che è idonea a trarre in inganno il paziente ed i suoi familiari, ingenera nella vittima un falso affidamento sulle qualità e sulle qualifiche professionali dell’agente ed è ciò che induce la persona offesa a versamenti continui e cospicui di somme di denaro eccessive anche per qualsiasi forma di legittima psicoterapia.

Riferimenti normativi: articolo 348 c.p., articolo 640 c.p., legge 18 febbraio 1989, n. 56.

Quando la farmacia in turno di reperibilità risulti non accessibile all’utenza è reato!

Quando pertanto la singola farmacia in turno di reperibilità risulti non accessibile all’utenza, vi è un obiettivo turbamento della regolarità del servizio farmaceutico nel suo complesso. Nè il turbamento del complesso del servizio viene escluso dalla disponibilità in zone contigue di altri punti reperibili, o addirittura del servizio urgente ospedaliere): palese nel secondo caso un improprio intervento surrogatorio di diverso servizio pubblico non prestato, anche nel primo è evidente l’alterazione obiettiva dell’organizzazione del servizio farmaceutico (come ritenuta necessaria e, quindi, consapevolmente articolata in termini idonei a coniugare tutte le esigenze concorrenti, in particolare l’accesso, il meno possibile disagevole e il più tempestivo possibile, a prestazioni dovute e proprie del servizio pubblico espletato, in stretta correlazione alla tutela costituzionale del diritto alla salute). Pertanto, ogni qualvolta il farmacista In turno di reperibilità non assicuri il tempestivo adempimento del servizio farmaceutico vi è, secondo le contingenze dei casi, una condotta obiettiva di interruzione o di sospensione del servizio, che determina il turbamento della regolarità di tale servizio nel suo complesso.

Deve quindi affermarsi il principio di diritto per il quale l’ingiustificata inottemperanza delle funzioni proprie del servizio farmaceutico da parte del responsabile di farmacia in turno di reperibilità integra il reato di cui all’art. 331 c.p..

Cass. pen., Sez. VI, 3/12/2012, n. 46755

una sintesi delle ragioni dell’illegittimità costituzionale della mediazione obbligatoria

12.1.— Si deve premettere che, come questa Corte ha più volte affermato, «Il controllo della conformità della norma delegata alla norma delegante richiede un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli, l’uno relativo alla norma che determina l’oggetto, i principi e i criteri direttivi della delega; l’altro relativo alla norma delegata da interpretare nel significato compatibile con questi ultimi.
Il contenuto della delega deve essere identificato tenendo conto del complessivo contesto normativo nel quale si inseriscono la legge delega e i relativi principi e criteri direttivi, nonché delle finalità che la ispirano, che costituiscono non solo base e limite delle norme delegate, ma anche strumenti per l’interpretazione della loro portata. La delega legislativa non esclude ogni discrezionalità del legislatore delegato, che può essere più o meno ampia, in relazione al grado di specificità dei criteri fissati nella legge delega: pertanto, per valutare se il legislatore abbia ecceduto tali margini di discrezionalità, occorre individuare la ratio della delega, per verificare se la norma delegata sia con questa coerente» (ex plurimis: sentenze n. 230 del 2010, n. 98 del 2008, nn. 340 e 170 del 2007).
In particolare, circa i requisiti che devono fungere da cerniera tra i due atti normativi, «i principi e i criteri direttivi della legge di delegazione devono essere interpretati sia tenendo conto delle finalità ispiratrici della delega, sia verificando, nel silenzio del legislatore delegante sullo specifico tema, che le scelte del legislatore delegato non siano in contrasto con gli indirizzi generali della stessa legge delega» (sentenza n. 341 del 2007, ordinanza n. 228 del 2005). Leggi tutto “una sintesi delle ragioni dell’illegittimità costituzionale della mediazione obbligatoria”

l’apposizione di recinzioni in paletti e reti metalliche non è volontà di alterare la destinazione dei luoghi

…. Considerato, con riferimento a tale ultimo profilo, che, come fondatamente dedotto nel terzo motivo, le opere in concreto realizzate non risultano, di per sé, idonee a violare quella potestà di programmazione del territorio che costituisce il presupposto per l’applicazione degli artt. 30 d.p.r. n. 380/01 e 23 l. r. n. 15/08 (in questo senso TAR Campania – Napoli n. 3636/11; TAR Liguria n. 446/11);

Considerato, infatti, che, in assenza di una formale frazionamento dell’area, l’apposizione di recinzioni in paletti e reti metalliche non è di per sé indicativa della volontà di alterare la destinazione urbanistica dei luoghi;

Considerato che nello stesso senso non risulta che i manufatti contestati siano attualmente destinati ad uso abitativo essendo nel provvedimento indicato solo che uno di essi è destinato a deposito di attrezzi e materiale vario;

Considerato, quindi, che le opere indicate non sono idonee a pregiudicare quella riserva, a favore dell’ente locale, della potestà di programmazione del territorio che costituisce il presupposto per l’applicazione delle norme (artt. 30 d.p.r. n. 380/01 e 23 l. r. n. 15/08) richiamate nel provvedimento impugnato;

Considerato che, in ogni caso, rimane impregiudicata l’applicazione delle ulteriori disposizioni che sanzionano la realizzazione di opere edilizie in assenza del necessario titolo abilitativo…

TAR Lazio, sez.I-quater, sent.n. 4558/2012 scaricabile quì

La violenza si manifesta spesso con l’ “insistenza”: il reato di stalking a tre anni (o poco più) dalla sua introduzione

La violenza si manifesta spesso con l’ “insistenza”: il reato di stalking a tre anni (o poco più) dalla sua introduzione

a cura di www.studiolegaledesia.com

Ragioni di emergenza sociale, e di cronaca quotidiana, indussero il legislatore ad introdurre circa tre anni fa il reato di c.d. stalking; l’introduzione avvenne col cosiddetto “Decreto sicurezza” approvato con Decreto Legge 23 febbraio 2009, n. 11 (e convertito nella legge 23 aprile 2009, n. 38).

Oggi, perciò, abbiamo nel nostro codice penale l’art. 612bis intitolato: Atti persecutori. La norma prevede che: Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata. Leggi tutto “La violenza si manifesta spesso con l’ “insistenza”: il reato di stalking a tre anni (o poco più) dalla sua introduzione”

scala a chiocciola e lesione dei diritti del vicino

Le porte, ballatoi, e la scale di ingresso alle abitazioni, che in genere non costituiscono vedute, in quanto destinate fondamentalmente all’accesso, e solo occasionalmente od eccezionalmente utilizzabili per l’affaccio, possono configurare vedute quando, per le particolari situazioni e caratteristiche di fatto, risultino obiettivamente destinate, in via normale, anche all’esercizio della prospectio ed inspectio su o verso il fondo del vicino

Cass.civ., sez. II, 5 novembre 2012 n. 18904

corruzione, concussione e turbata libertà degli incanti: confiscabile solo il profitto

la nozione di profitto confiscabile non va identificata con l’intero valore del rapporto sinallagmatico instaurato con la PA, dovendosi in proposito distinguere il profitto direttamente derivato dall’illecito penale dal corrispettivo conseguito per l’effettiva e corretta erogazione delle prestazioni svolte in favore della stessa amministrazione, le quali non possono considerarsi automaticamente illecite in ragione dell’illecita della causa remota..Ne consegue che il profitto che la parte privata ha conseguito dall’appalto illecitamente ottenuto, non può globalmente omologarsi all’intero valore del rapporto sinallagmatico in tal modo instaurato con l’amministrazione..

Cass.pen., sez. VI, 5 novembre 2012, n. 42530

non è mai rimovibile l’ascensore che serve gli-anziani ed i disabili del palazzo

Cass.Civ., sez. II, sent. n. 18334/2012:

vigente il dovere di “rimuovere preventivamente ogni possibile ostacolo all’applicazione dei diritti fondamentali delle persone affette da handicap fisici” … “sono state introdotte disposizioni generali per la costruzione degli edifici privati e per la ristrutturazione di quelli preesistenti, intese all’eliminazione delle barriere architettoniche, indipendentemente dalla effettiva utilizzazione degli edifici stessi da parte delle persone disabili“… visto che “la socializzazione deve essere considerata un elemento essenziale per la salute” degli anziani e dei disabili tanto da poter “assumere una funzione sostanzialmente terapeutica assimilabile alle stesse pratiche di cura o riabilitazione“.

il cartello che reca i titoli edilizi necessari ai lavori

cass.pen., sez. III, sent.n. 40118/2012 sancisce la grande importanza ha il cartello che reca i titoli edilizi necessari ai lavori:
se le indicazioni non risultano adeguatamente visibili all’esterno dell’area del cantiere si configura un illecito penale a carico del titolare del permesso di costruire, dell’appaltatore e del direttore dei lavori. L’indicazione degli estremi della Dia (ad esempio) e dei nomi dei responsabili dell’attività edilizia hanno finalità di sicurezza oltre che di pubblicità.

TAR e farmacie

Il Comune si è discostato dalle puntuali e motivate indicazioni della ASL senza una previa verifica, né dei bacini di utenza, né della attuale dislocazione delle farmacie ubicate nelle zone centrali, né della reale consistenza demografica delle zone individuate come carenti.
Alla luce delle sopra esposte osservazioni il provvedimento impugnato, laddove introduce una quarta sede farmaceutica nel centro storico senza una previa adeguata verifica delle sedi e della dislocazione delle farmacie presenti, né una ricognizione delle esigenze di zone periferiche, pur segnalate dall’amministrazione sanitaria, interlocutore istituzionale del Comune in questa materia, è illegittimo per difetto di istruttoria e difetto dei presupposti in relazione all’art. 2 della legge 2-4-1968 n. 475, come modificato dalla legge 27/2012, di conversione del d.l. 1/2012.

Tribunale Amministrativo Regionale della Campania-sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

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