Il diritto di accesso dei consiglieri comunali ex art. 43 del D.Lgs. n. 267 del 2000 non è limitato agli atti intesi come “documento amministrativo” ma a tutte le ulteriori “notizie” e “informazioni” in possesso degli uffici, purchè utile all’espletamento del mandato, e ciò anche per permettere di valutare con piena cognizione la correttezza e l’efficacia dell’operato della P.A., e per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio e promuovere, le iniziative che spettano ai singoli rappresentanti del corpo elettorale locale, cfr. T.A.R. Piemonte/Torino, zez. I, 27 maggio 2011, n. 56
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Le ultime news in materia o le nostre opinioni
il foro esclusivo del consumatore prevale anche nelle cause contro l’avvocato
La Corte di Cassazione terza sezione civile, in data 9 giugno 2011, ha sancito che il foro esclusivo del consumatore prevale anche nelle cause contro l’avvocato. La residenza del professionista prevale solo nel caso in cui l’assistito sia un’azienda o un imprenditore. Gli Ermellini hanno respinto il ricorso di un legale che aveva ottenuto dal Tribunale di Roma un decreto ingiuntivo nei confronti di un suo assistito per aver seguito per suo conto un giudizio innanzi al Tar. E’ evidente, per la corte, che la disciplina del consumatore si applica anche al professionista prestatore d’opera intellettuale (art. 2229 c.c.), qual è l’avvocato. A nulla rileva che “il rapporto tra l’avvocato e il professionista sia caratterizzato dall’intuitu personae e sia, non di contrapposizione, ma di collaborazione (questo, tra l’altro, solo nei rapporti esterni con i terzi, ossia con le controparti del cliente), non rientrando tale circostanza nel paradigma normativa”. Anche in questo caso, sostiene la Corte, si versa nell’ipotesi di contratto (d’opera professionale) stipulato tra un professionista (l’avvocato), che tipicamente conclude quel tipo di contratto nella sua attività professionale, ed un cliente, il quale, a seconda delle circostanze, può esser un consumatore o meno.
TFR e coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di divorzio
L’art. 12 bis, aggiunto alla L. n. 898 del 1970 dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 16, statuisce che il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di divorzio ha diritto, se non passato a nuove nozze “e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’art. 5, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza”. Questa Corte ha già avuto modo di statuire che detto art. 12 bis, con l’attribuire al coniuge al quale sia stato riconosciuto l’assegno ex art. 5 della legge stessa e non sia passato a nuove nozze il diritto ad una quota dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge “anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza”, deve essere interpretato nel senso che il diritto alla quota sorge quando l’indennità sia maturata al momento o dopo la proposizione della domanda di divorzio (con conseguente insussistenza del diritto unicamente se l’indennità matura anteriormente a tale momento) e, quindi, anche prima della sentenza di divorzio, senza che rilevi che a tale momento l’assegno divorzile sia stato già liquidato e sia già dovuto, implicando ogni diversa interpretazione profili non manifestamente infondati di incostituzionalità della norma in riferimento all’art. 3 Cost. (Cass. 10 novembre 2006, n. 24057; 29 settembre 2005, n. 19046; 18 dicembre 2003, n. 19427). Si è osservato in proposito che l’espressione “titolare di assegno ai sensi dell’art. 5” usata dal legislatore non può essere intesa in senso letterale ostandovi, dal punto di vista sistematico, il successivo riferimento all’attribuzione del diritto alla quota del trattamento di fine rapporto anche se questo “viene a maturare dopo la sentenza”. Tale ultima statuizione implica necessariamente che quel diritto deve ritenersi attribuibile anche ove il trattamento di fine rapporto sia maturato prima della sentenza di divorzio, ma dopo la proposizione della relativa domanda, quando ancora non possono esservi soggetti titolari dell’assegno divorzile, tali potendo divenire solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, ovvero di quella, ancora successiva, che lo abbia liquidato. La “ratio” dell’art. 12 bis è infatti quella di correlare il diritto alla quota di indennità non ancora percepita dal coniuge al quale essa spetti al diritto all’assegno divorzile, il quale in astratto sorge, ove spettante, contestualmente alla domanda di divorzio, ancorchè – di regola – esso venga costituito in concreto e divenga esigibile solo dal momento del passaggio in giudicato della sentenza che lo liquidi. Ne consegue, in correlazione a tale “ratio”, che ove l’indennità di fine rapporto sia percepita dall’avente diritto dopo la domanda – singola o congiunta – di divorzio, al definitivo riconoscimento giudiziario della concreta spettanza dell’assegno deve ritenersi riconnessa, a prescindere dalla decorrenza dell’assegno di divorzio, dall’art. 12 bis l’attribuzione del diritto alla quota dell’indennità su detta, la quale potrà essere liquidata con la stessa sentenza di divorzio, ovvero in un distinto, successivo procedimento, come nel caso di specie. Vero è che l’art. 12 bis condiziona il diritto alla percentuale del trattamento di fine rapporto in questione al diritto all’assegno di divorzio e quindi, prima che tale diritto sia accertato con sentenza passata in giudicato,la domanda di attribuzione di detta percentuale non può essere accolta. Ma questa Corte ha già affermato che la relativa domanda può essere proposta nello stesso processo in cui sia domandato l’assegno di divorzio, formandosi così contestualmente il giudicato sulla spettanza di questo e della percentuale del TFR a norma dell’art. 12 bis su detto. Infatti, costituendo l’attribuzione dell’assegno di divorzio condizione dell’azione con la quale si domandi la percentuale del TFR ai sensi del detto art. 12 bis, per il suo accoglimento non è necessario che detta condizione sussista al momento della proposizione della domanda ma è sufficiente la contestuale formazione del giudicato sulle due domande.
Cass. civ., 6 giugno 2011, n. 12175
post 2011
la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell’integrità psico-fisica
poichè l’equità va intesa anche come parità di trattamento, la liquidazione del danno non patrimoniale alla persona da lesione dell’integrità psico-fisica presuppone l’adozione da parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi che, in difetto di previsioni normative (come l’art. 139 del codice delle assicurazioni private, per le lesioni di lieve entità conseguenti alla sola circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), vanno individuati in quelli tabellari elaborati presso il tribunale di Milano, da modularsi a seconda delle circostanze del caso concreto, v. Cass.civ., Sez. III, 7 giugno 2011, n. 12408
post 2011
omessa vigilanza albergatore
Cass. pen., sez. IV, n. 22334, dep. 6 giugno 2011: si configura una posizione di garanzia in capo al datore di lavoro/albergatore dovendosi egli fare carico dell’omessa vigilanza sul rispetto e l’attuazione delle cautele e delle misure previste nel piano di emergenza antincendi, ivi compresa l’organizzazione della presenza suddivisa in turni di personale inquadrato nella squadra di emergenza; ne deriva la responsabilità per il reato di omicidio colposo in capo all’albergatore per la morte di persone collegata all’incendio.
tassa di concessione governativa sui telefoni cellulari
la tassa di concessione governativa sui telefoni cellulari manca nell’attuale sistema ordinamentale, atteso che, da un punto di vista sostanziale, è del tutto assente il presupposto legislativo per l’imposizione tributaria, poiché, l’art. 21 della Tariffa allegata al d.p.r. 641/1972 risulta norma priva di contenuto, in quanto si riferisce ad un atto amministrativo previsto dall’art. 318 d.p.r. 156/1973, ormai abrogato; v. Commissione Tributaria Regionale Perugia, sez. I, 15 febbraio 2011, n. 37
termine prescrizionale al procedimento amministrativo di prestazioni previdenziali
rimessa alle sezioni unite la questione relativa alla computabilità nel termine prescrizionale del periodo di tempo relativo al procedimento amministrativo in materia di prestazioni previdenziali ovvero alla applicabilità della previsione sospensiva di cui all’art. 97 del rdl n. 1827 del 1935, conv. in legge n. 1155 del 1936, v. Cass., sez. lav., ord. n. 5894 dell’11 marzo 2011
imposta esigibile
la Cassazione chiede alla CGCE “se il termine di sei mesi successivi allo scadere dell’anno civile nel corso del quale l’imposta è divenuta esigibile, previsto, per la presentazione della domanda di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto da parte dei soggetti passivi non residenti all’interno del paese, dall’art. 7, paragrafo 1, primo comma, ultimo periodo, dell’ottava direttiva del Consiglio del 6 dicembre 1979, n. 79/1072/CEE, abbia carattere perentorio, sia cioè stabilito a pena di decadenza dal diritto al rimborso“, Cass., sez. trib., Ord. n. 11456 del 25 maggio 2011
deducibilità della nullità a regime intermedio
il termine ultimo di deducibilità della nullità a regime intermedio, derivante dall’omessa notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale di appello ad uno dei due difensori dell’imputato, è quello della deliberazione della sentenza nello stesso grado, anche in caso di assenza in udienza sia dell’imputato che del codifensore, ritualmente citati Cass. sez. un pen., n. 22242 del 27 gennaio 2011 (dep. 1 giugno 2011)
post 2011
risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa
In tema di risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa, nel caso in cui l’articolo giornalistico riporti il contenuto di uno scritto anonimo offensivo dell’altrui reputazione, l’applicazione dell’esimente del diritto di cronaca (art. 51 cod. pen.) presuppone la prova, da parte dell’autore dell’articolo, della verità reale o putativa dei fatti riportati nello scritto stesso (non della mera verità dell’esistenza della fonte anonima); con la conseguenza che, laddove siffatta prova non possa essere fornita, proprio in ragione del carattere anonimo dello scritto, la menzionata esimente non può essere applicata, anche per la carenza del requisito dell’interesse pubblico alla diffusione della notizia, Cass. civ. n. 11004 del 19 maggio 2011
post 2011